martedì 30 novembre 2010

Manifestazioni in tutta Italia

Il Fatto del giorno
"studenti in piazza manifestano ed esplodono disordini, ma non è colpa della polizia"

Nella giornata di oggi, in molte città italiane, gli studenti hanno manifestato il proprio diritto di dissenso lecito, nei confronti del decreto che il governo ha attuato nei riguardi dell'istruzione pubblica.
Inutile sottolineare che sono scoppiati disordini in piazza tra manifestanti e forse dell'ordine, cosa che oramai è diventata consuetudine ogni qualvolta si decide pubblicamente e personalmente di esibire la propria contrarietà nei confronti di qualsiasi governo in carica che abusa del proprio potere che gestisce a suo piacimento, senza l'ascolto e il consenso di una consistente parte dei cittadini.
A Roma, per esempio, si è potuto constatare di trovarsi dinnanzi a una città blindata, ove i potenti uomini di "palazzo" erano rinchiusi a Montecitorio indisturbati di poter sbrigare i loro porci comodi senza contraddittorio (da loro tanto difeso e sostenuto), protetti dalle forze dell'ordine che formavano dei blocchi ai bordi della città, impedendo ai manifestanti la possibilità di accedere davanti alla Camera per fare ascoltare ai politici le voci di dissenso e di protesta. Il governo, così facendo, ha dimostrato di essere aggressivo nei confronti di coloro che rappresentano e da cui vengono stipendiati, una vergogna assoluta da parte di piccoli uomini che non hanno a cuore il benché minimo rispetto nei confronti del paese quale rappresentano, dando conferma di non essere degni di rappresentare le istituzioni che tanto a parole elogiano, ma che in sostanza ne abusano a proprio piacimento per trarne benefici di potere e celebrità.
Che fra i manifestanti ci fossero i classici "figli di papà" che per moda e fare gli anticonformisti a tutti i costi per dispetto nei confronti dei loro genitori è probabile, ma la maggior parte di essi sono e restano una fetta di cittadini desiderosi solamente di una condizione scolastica migliore e meritocratica. Solo che non trovo giusto prendersela con le forze dell'ordine, i quali con un misero stipendio, essendo sotto il governo, devono eseguire gli ordini che esso gli impone. Per ciò, se gli viene ordinato di blindare la città, sono costretti a farlo senza obiezioni, visto che hanno posto un giuramento di obbedienza alle istituzioni che li comanda. Sprovvisti di un sindacato vero e serio che li rappresenta, se dovessero disubbidire agli ordini dei superiori andrebbero incontro a pene molto severe, rischiando forse, di finire a Gaeta "cornuti e mazziati". Troppo facile prendersela coi poliziotti, sono poveri anche loro, e come pedine vengono gestite a piacimento dagli organi competenti senza potersi sottrarre. La polizia tutta, dipende dal Ministero degli interni e quindi dall'esecutivo di turno che siede al governo in un determinato momento. Il fatto rilevante è che manifestanti e polizia, scontrandosi, fanno il gioco degli uomini del palazzo che alle loro spalle se la ridono. Entrambi gli schieramenti, dovrebbero capire che scontrandosi fra loro, il tema principale della protesta viene messo in secondo piano, per far spazio alla notizia dei disordini, in modo tale che il governo si lavi le mani per del problema per l'ennesima volta, distraendo l'opinione pubblica , facendola concentrare e dirottare verso un problema da loro appositamente creato "sottobanco" e messo all'opera in maniera perfetta: poliziotti e cittadni sfruttati, anche se in modo diverso, alla stessa maniera.
Da rilevare inoltre la dichiarazione del sindaco di Torino Chiamparino che si è lamentato dei disordini e degli stop che la città ha subito, per l'occupazione delle strade e delle stazioni, quando invece secondo il mio modesto parre, dovrebbe appoggiare proprio questo atteggiamento. Aggiungo personalmente che se tutti i giorni, per un mese intero, studenti e lavoratori occupassero i binari delle stazioni e disertassero il lavoro, sarebbero atti giusti e doverosi che cadrebbero per primo non sulle loro spalle, ma su quelle dei nostri parlamentari e governanti, che sarebbero costretti ad ascoltare il cittadino perché intimoriti da esso. Ed è proprio questo che dovrebbe succedere, sicché stipendiati dal cittadino cui sono dipendenti, le istituzioni dovrebbero rispondere alle esigenze nostre e non a quelle di loro stesse. Per questo motivo, unirsi tutti pacificamente sarebbe giusto e lecito, che i cittadini tutti e le forze di polizia si unissero in un abbraccio forte e spontaneo, per cui sarebbe bello poter dire tutti insieme: viva i manifestanti, viva la polizia italiana.

Lega Nord: l'occasione mancata

                                                 
                                            
Vedo nella Lega Nord e nel suo leader Umberto Bossi la delusione di un cittadino che vedeva in essa la promessa futura per la costruzione di un paese più giusto dal punto di vista etico e istituzionale. Durante gli anni di tangentopoli, nonostante avessi poco più di dieci anni, ero stanco di vedere le solite facce di alcuni politici: Craxi, De Mita, De Michelis su tutti. Osservare come quel movimento di nicchia sostenesse i magistrati dell'inchiesta dava fiducia alquanta nei loro confronti. Lo dimostra il fatto che alle elezioni amministrative del 1993, venne eletto come sindaco di Milano Marco Formentini, sostenuto dalla Lega, contro Nando Dalla Chiesa, persona onesta e che stimo personalmente. Questo perché Dalla Chiesa era sostenuto da una coalizione composta da partiti quali da PDS, Rifondazione Comunista, Psi, Verdi e La Rete. I primi tre rappresentavano il potere che aveva dominato l'Italia e Milano per anni, intascando dal 1985 in poi le tangenti assieme alla Democrazia Crsistiana, perciò alla fine della fiera risultava sempre la solita minestra, mentre La Lega era una sorta di speranza osservata con buon auspicio dalla maggior parte degli elettori del paese e di Milano stessa. Rappresentava la stanchezza e la voglia di rompere col vecchio sistema corrotto, a discapito di una politica sana e pulita. Col loro linguaggio terra terra ma di sostanza, i leghisti, reincarnavano il disagio di un'intera popolazione nei confronti di una classe dirigente che aveva condotto il paese alla deriva. Era un partito principalmente socialista nella sostanza, in cui spiccava tra i suoi obbiettivi quella sorta di giustizia sociale da attuare nei confronti dei cittadini tutti. Era difensitrice a spada tratta dei giudici che indagavano su corruzione e mafia, solo che alle elezioni del 1994 decise di appoggiare la coalizione guidata dalla new entry Silvio Berlusconi che vinse, ma dopo soli sette mesi in virtù di disaccordi tra costui e il segretario leghista gli accordi si ruppero. Bossi decise di togliere il suo partito dal sostegno al governo con un discorso bellissimo che tenne alla Camera dei Deputati in cui difese la Costituzione italiana e le leggi del paese. In quegli anni il Senatur attuò una campagna a favore di mettere luce sui flussi di denaro che fecero nascere la fininvest, denaro, si diceva, proveniente da Cosa Nostra. Assieme al quotidiano di partito, La Padania, Bossi e i suoi condussero una forte battaglia contro il berlusconismo e il sistema partitocratico senza pari. Contemporaneamente presero le distanze da colui che era considerato l'ideologo del movimento, ossia il professor Giangranco Miglio (per poi tornare oggi a celebrarlo dedicandogli persino la famosa scuola di Adro) che voleva trasmormare l'italia in tre macro regioni e legalizzare la mafia al sud (un'idea aberrante e scandalosa). Alle elezioni politiche del '96 corse da sola, e raggiunse il suo miglior risulato mai eguagliato fino ad ora, il 10%.
Dopo due anni però, decise di interrompere quelle battaglie e tornare ad allearsi con Berlusconi e la Casa delle libertà, per riuscire ad attuare ciò per cui sono pronti ad allearsi con chiunque: il federalismo, divennendo tutt'ora l'alleato più fedele a Berlusconi e il suo Pdl.
E' davvero un peccato che nel frattempo abbiano abbracciato idee quali la secessione, poi per foruna accantonata, ma rimane il fatto che da movimento no global per eccellenza, per la giustizia e la legalità , La Lega, sia divenuto un partito di governo a tutti gli effetti, abbracciando la poltrona tenendola ben salda.
Personalmente non ho mai apprezzato il sentimento eccessivamente razzista di alcuni esponenti del partito stesso (anche se quegli interventi erano più che altro un modo per fare spettacolo durante le feste di Pontida).
Dispiace anche che gli elettori del movimento siano mutati col tempo, se prima erano sostenuti da una consistente parte civile di questi, oggi sono sponsorizzati da un ceto di elettorato medio borghese
pacchiano e semianalfabeta per la maggiore, che critica gli extracomuntari in pubblico, mentre in privato li mette a lavorare in nero nelle propie "fabbrichette" per diminuire i costi della manodopera.
E' davvero un peccato che La Lega si sia lasciata andare così malamente, poteva diventare una forza civile assieme a La Rete, ed espandersi su tutto il territorio nazionale sposando la causa a sostegno dei lavoratori e dei cittadini oppressi. Da uomini come Roberto Maroni, che prese le difese del giudice Gian Carlo Caselli, quando costui fu vittima di un'ondata denigratoria di offfese personali, e Umberto Bossi, che vede in Giacomo Matteotti uno dei più grandi statisti d'Italia, ci si aspettava qualcosa di più, e lasciano l'amaro i bocca per una buona occasione mancata.


clicca qui sotto e ascolta cosa diceva un tempo Umberto Bossi

Pierangelo Bertoli


Clicca qui sotto e ascolta
http://www.youtube.com/watch?v=syAmaxKJvNQ
http://www.youtube.com/watch?v=06Fh9nRGVYA

Addio a Mario Monicelli: onore e rispetto

E' morto la sera scorsa, gettandosi dal quinto piano della sua stanza dell'ospedale San Giovanni di Roma, dove era ricoverato da un giorno, il regista e sceneggiatore Mario Monicelli. Aveva 95 anni.
Era nato a Viareggio nel 1915, ma risiedeva nella capitale da diversi anni. Malato da tempo di tumore alla prostata, per evitare di sottoporsi alle cure debilitative e al calvario che stava per giungere alla fase terminale della malatta stessa, ha preferito sottrarsi a una morte sofferente e sempre più dolorosa compiendo un gesto suicida coraggioso. Persona onesta e solitaria, ha diretto pellicole che sono incastonate nella storia della commedia all'italiana: - I soliti ignoti, Il marchese del grillo, Un borghese piccolo piccolo, I compagni, Speriamo che sia femmina, Amici miei - per citarne alcune. Una lunga carriera che lo ha portato a lavorare con attori quali Alberto Sordi, Vittorio Gassmann, Marcello Mastroianni, Ugo Tognazzi, Gian Maria Volontè, è considerato uno dei padri della commedia all'italiana accanto a Dino Risi e Luigi Comencini.
Ha diretto tante belle pellicole significative, mai capolavori, ma ha saputo rispecchiare i lati e i caratteri degli italiani attraverso i tanti personaggi. Provo molta tristezza per la drammatica fine del regista, ma probabilmente il fatto di ritrovarsi ultranovantenne in un mondo "nuovo", privato degli amici amici coetanei, stravecchio in un contesto che più non gli apparteneva, lo ha portato a compiere il determinato gesto. Ritiratosi da un paio d'anni dalla piena attività lavorativa, chiamato a testimoniare le impressioni e i ricordi nei riguardi delle ricorrenze delle persone con cui aveva lavorato, si è sentito probabilmente solo e spodestato della proprio dignità di uomo. Al giorno d'oggi essere anziani e far di tutto per non nasconderlo, come faceva Monicelli appunto, non è cosa facile visto che i vecchi stessi nel mondo occidentale globale vengono considerati una categoria inutile che serve a poco e niente, invece che coloro che possono insegnare perché hanno vissuto a lungo, e quindi portano con sé il "sapere".
Lucido fino alla fine, da non dimenticare i suoi ultimi interventi televisivi ad Annozero prima e Raiperunanotte poi, dove con parole semplici e mai scontate esternava impressioni e giudizi critici sul degrado politico e sociale del nostro paese, che secondo lui è sempre stato vigente, ma che negli ultimi anni si era intensificato notevolmente. Molti lo additarono come cinico, ma non sono d'accordo. Sosteneva cose veritiere e si sa, in un contesto in cui vige l'ipocrisia del negare, di nascondere e non ammettere mai la sconfitta, lui che ne era l'antitesi perfetta, si capisce il perché molti dei suoi più giovani colleghi si trovassero spaventati ad appoggiare determinate tesi.
Il suo gesto suicida ricorda quello dello scrittore torinese Franco Lucentini, ottantenne, anch'egli malato di cancro, che nel 2002 piuttosto di arrivare agonizzante alla fine, preferì togliersi la vita in anticipo, prima di un'altra estrema e peggiore sofferenza. Proprio per questo, per il coraggio e l'umiltà di un gesto che risponde ai suoi desideri, a Mario Monicelli va il mio riconoscimento di onore e rispetto.

lunedì 29 novembre 2010

I prodotti Tatangelo, D'Alessio, Facchinetti

Smerciare un prodotto e rivenderlo sul mercato richiede un investimento che risulta assai notevole in base alla spesa dei costi riguardo le aspettative d'investimento che ci si è posti come obbiettivo nei confronti di uno rispetto ad altri.
Si tratta di un'operazione delicata, che per ripianare i costi ricorre all'uso forsennato di pubblicità a qualsiasi ora del giorno, in cui tutti gli emitteti radiotelevisivi si mettono a disposizione del consumatore.
La pubblicità è un martello pneumatico che a furia di picchiare, comprime la corteccia cerebrale dell'ascoltatore fino a inculcargli il messaggio il cui fine è: sei obbligato a farti piacere questo prodotto. L'uomo è debole, e se non conosce minimamente l'uso che la pubblicità adotta in termini di mercato, si ritrova sottomesso alle lusinghe seduttive del potere cui lui è sottomesso, vittima innocente da parte di mercenari lobbisti spietati, pronti a tutto per raggiungere lo scopo che si sono preposti: vendere.
Mi vengono in mente tre prodotti in particolare che ultimamente sono i più pubblicizzati a suon di marketing: Gigi D'Alessio, Anna Tatangelo, Francesco Facchineti (ex Dj Francesco).
Il primo, è il risultato più soddisfacenete di tante battaglie finanziarie, per le quali non c'è voluto molto, se non un lavoro spregiudicato ai danni del cittadino inerme.
Per prima cosa è stato studiato bene quanto dosare la pubblicità in merito da farlo conoscere su piazza, in secondo luogo gli si è fatta una serie di corte in merito, in modo tale che personaggio e canzoni fossero complementari all'interesse collettivo. La terza fase, più difficile, è stata quella di condurre il consumatore nei negozi a comprare i suoi dischi. Operazione riuscita.

                                               
Ma facciamo un breve ritratto del Gigi nazionale. Veste sempre firmato con indosso i capi più costosi che ci siano in circolazione, solo che nonostante indossi quegli indumenti pacchiani, rimane sempre e comunque volgare indossando una maschera, che nasconde il cosiddetto guaglione della Napoli più degradata, con la voglia di smarcarsi da quell'etichetta che vede come una minaccia, nonostante faccia sapere spesso, quanto la napoletanità sia importante per lui. L'abito non fa il monaco, si dice. Dedito al fascino della bella vita, spende e spande quel che guadagna visto che ha amici potenti i quali son sempre pronti a dare una mano nelle produzioni musicali e in partecipazioni televisivi in cui è adulato da tutti. Nel 2006 fece una festa in casa sua, cui tra gli invitati figuravano Francesco Storace, Clemente Mastella e Silvio Berlusconi, per non parlare di quanto fosse chiacchierato per alcune sue frequantazioni camorristiche. E' arrogante, nervoso e maniaco di se stesso, dei capi che porta addosso e dalla mania del lusso. Come cantante è assai scadente, viste le numerose stonature che offre quando si esibisce dal vivo.
                                                    
Lui sostiene di cantare l'amore, quando in realtà si trattano di pure e semplici mielose melodie da sceneggiata partenopea in cui l'autore si lagna rivolgendosi a una ragazza. Un BuisnessMan D'Alessio, uno che conta e che pretende che la sua nuova compagna, Anna Tatangelo, continui a fare dischi anche se calcolata da pochi ascoltatori, nonostante una pubblicità enorme le viene riservata. Intonata lo sarà anche, ma non ha carisma da palcoscenico, è una ragazzina ma dimostra più di quarant'anni, assumendo le pose (grazie anche a degli inutili lifting ai quali si è sottoposta) di un'attrice da film di serie C che non vuole essere messa da parte. Nonostante il mercato discografico non sia particolarmente soddisfatto di lei, siccome ha le spalle coperte, e qualcosa d'importante deve pure farlo, viene scelta come giurata a "X Factor", dove estrerna le prorpie frustazoni di donna isterico-fallita a discapito dei concorrenti che l'ascoltano terrorizzati.
                                               
Un discorso lo merita anche Francesco Facchinetti, figlio del celebre Roby, cantante e tastierista dei Pooh. Il ragazzo in questione tentò la carriera musicale scrivendo canzoni d'autore quali "Il capitano uncino" che veniva trasmessa molto nelle discoteche. Un successo estivo che non riuscì a ripetere quando cominciò a darsi un tono più serio che non convinse il consumatore, perché, quest'ultimo, non è poi nemmeno tanto stupido da farsi imbacuccare per l'eternità. Ma si sa, i figli so piezz'e cor, e qualsiasi genitore è sempre pronto a dargli una mano, cosa che puntualmente accaddde quando nel 2007 i due parteciparono in coppia al Festival di Sanremo con una esibizione canora che la critica giudicò scadente, rilevando quanto lex dj stonasse ripetutamente. La cosa fece incazzare alquanto il padre che si scagliò con rabbia contro la stampa stessa. Il buon Signor Facchinetti anziché dire "che volete farci, pure io tengo famiglia" se l'è presa proprio male, non l'ha digerita sta critica, legittima fra l'altro, che diede dimostrazione come al pubblico, delle incapacità canore e musicali del figlio, non gliene importasse granché. Solo che anche Francesco ha le spalle coperte, e una posizione di privilegio nel mondo dello spettacolo spetta anche a lui di diritto. E allora cosa si fa? Lo si improvvisa presentatore di trasmissioni musicali sulla rete due della rai, quella dei giovani. Problema risolto. Solo che questi inghippi forzati, in gergo tecnico assumono la connotazione di rubare il lavoro altrui. Una persona meritevole di conseguenza si attacca, per far spazio alle raccomandazioni e al gioco facile della pubblicità, quando invece la sponsorizzazione di un lp o un cantante dovrebbe essere alla pari di tutti, una specie di par condicio, in modo tale da non influenzare il telespettatore e lasciare a lui libero arbitrio. Sarebbe un'idea, magari da modellare, ma almeno così limiterebbe dei danni che si vedono e ci sono eccome nei confronti del telespettatore e del monopolio che riguarda oramai diversi emisferi.

domenica 28 novembre 2010

Profili: Luciana Littizzetto

                                                       
E' una colonna portante del programma di Rai 3 "Che tempo che fa", dove la domenica sera col suo spazio, di circa venti minuti, fa rimanere incollati alla tv millioni di spettatori, mentre s'adopera a fare finta di "battibeccare" col conduttore, il mite Fabio Fazio.
Con quella sua voce stridula da classica chiacchierona di condominio, vuol far credere di trattare argomenti scottanti e scomodi, quando invece esprime le solite idee uniformi alla linea che la sinistra dei vip ci ha abituati da un po' di tempo a questa parte. Nella messa in onda, si toglie le scarpe dai piedi, si struscia sulla poltrona, facendo credere che nonostante non abbia un aspetto fisico granché, sia una donna con molto cervello e che possiede ugualmente un certo fascino. Scende spesso in temi riguardanti il sesso facendo credere di essere simpatica per questo, che non è bigotta ma aperta e non ha paura di mostrare il suo pensiero, quando invece assieme alle varie parolacce che dice, tra cui insulti gratuiti a personaggi presi di mira, si rende notevolmente volgare e ripetitiva. Reincarna la figura della donna emancipata figlia del femminismo anni '70 che come piccoli topolini, rosicano una fetta di formaggio riempiendosi la pancia.
Appartiene quindi a una elitè ben radicata nei posti chiave, dove manipola indisturbata i cervelli alle masse. Il suo ruolo non è altro che quello della "medium" asfissiante e crudele che recita la parte della donna colta, simpatica e intelligente, e riesce bene con alle spalle personaggi importanti, schiera di "eserciti" pronti appositamente a difenderla da qualsiasi crtitica le venga mossa. E' un personaggio intoccabile la Littizzetto, che non può essere toccata, dato il ruolo delicato che ricopre. Fazio stesso la ritiene tale visti i numerosi "attacchi" (diciamo così) che ella muove nei confronti del Cardinal Camillo Ruini, chiamato col titolo di Eminence, "mazza che coraggio"- vien da dire. Quando le capita di incontrare ospiti di sinistra, si genoflette caparpiamente al loro cospetto, facendo di tutto per salutarlo in diretta, mentre invece se "qualcuno" osa esprimere opinioni in contrasto con la linea politica dettata dal palinsesto di rete e della trasmissione, si accanisce con tutte le sue forze contro, spalleggiata dal conduttore che finge di temere ripercussioni in merito. Loro, possono permettersi tranquillamente di attaccare certe figure, ma non ad esempio un ospite come Fedele Confalonieri, "Mica son stupidi". Difendono gli omosessuali e le donne per partito preso, essendo a loro dire nemici del razzismo, quando invece sono i primi ad essere classisti visto che marchiano e ragionano per "categorie".
Si spaccia per difensore della libertà di parola a tutti gli effetti, dimostrando esattamente il falso quando attaccò personalmente quasi ululando l'onorevole Buttiglione, che per l'ennesima volta sostenne il suo sentimento di lontananza nei confronti degli omosessuali, non rispetta quindi l'opinione altrui in alcun modo (giusta o sbagliata che sia, secondo pareri). Un personaggio scomodo, tanto scomodo da venire premiata (qualche anno fa) con tanto di cerimonia al Quirinale, dallo stesso Presidente della Repubblica Giorgio Napolitanto, da lei (simpaticamente?) ribattezzato "Napisan".
Il ruolo che ora ricopre le ha dato notevole popolarità dal punto di vista mediatico e credibilità da quello culturale, una recita nella recita che le viene assai malamente, ma che grazie all'enorme bombardamento pubblicitario che le viene offerto, lo spettatore quasi sempre si arrende e accetta la posizione che gli hanno imposto, senza se e senza ma.
Luciana Littizzetto era assai meglio quando lavorava per Mediaset nella trasmissione "Mai dire gol" dove impersonava "Lolita", la ragazza infuocata dagli ormoni a palla che faceva proposte indecenti ai calciatori, perché almeno era innocua e non aveva bisogno di recitarla quella parte, perché lei era e rimane quella che è, una "Lolita" mediatica.
                                                

sabato 27 novembre 2010

Ritratti: Sergio Leone "maestro silenzioso"

Rimane senza dubbio uno dei più grandi registi della storia del cinema mondiale. Nella sua vita ha diretto solo sette film, nei quali però, ha fornito sostanza e contenuti ineguagliabili come nessuno fin'ora ha mai saputo fare. Ha reso il Western un genere serio e di culto, mentre prima di lui, in quei film, i pistoleri venivano descritti come "bellocci", puliti  e sbarbati, sempre dalla parte della ragione, prendendo come esempio lampante il modello classico di John Wayne.
Lui invece no, ha raccontato la storia del far west in maniera esemplare, figurando storie di balordi alcolizzati pronti a tutto per lo corsa all'oro, dando ispirazione futura a pellicole quali "Balla coi lupi" di Kevin Costner e "Gli spietati" di Clint Eastwood, entrambi premiati con gli oscar a miglior film e regia, rispettivamente nel 1991 e 1993.
Sergio Leone, nato a Roma nel 1929, esordì dietro la macchina da presa con "Il colosso di Rodi" nel 1960, cui seguirono tre film che racchiundono la triologia del dollaro, rispettivamente "Per un pugno di dollari", "Per qualche dollaro in più" e "Il buono, il brutto, il cattivo", in cui spicca la figura di Eastwood divenendo grazie al regista una celebrità. Nelle sue pellicole, Leone si sofferma molto sull'espressioni dei protagonisti, e i dialoghi vengono misurati con cura al punto giusto, senza troppi eccessi di parole inutili. La musica è una presenza domninante all'interno delle pellicole, e la loro composizione, è tutt'oggi riconosciuta come strumento essenziale nelle opere stesse, a cura del maestro Ennio Morricone, che le dirigeva.
Seguirà negli anni, la triologia del tempo che comincia con "C'era una volta il west" del 1968 e "Giù la testa", 1970. Nel frattempo, il regista per più di dieci anni non dirige alcun film , senza però stare con le mani in mano, scrive e produce diverse sceneggiature di successo e si dedica alla stesura del soggetto di quel che resta il film più bello che ha diretto, oltre a un capolavoro da epopea internazionale, un pilastro della storia del  cinema, che prende il nome di "C'era una volta in America".
                              Poster C'era una volta in America
Per scrivere e impostare una sceneggiatura come quest'ultima, bisogna essere geniali e dediti a un lavoro figurativo senza pari, cosa che si nota mano a mano che il film scorre, in cui un'ondata di ricordi ed emozioni, si assorbono negli occhi, investendo emotivamente lo spettatore.
Leone morì a Roma nel 1989 a soli sessant'anni, per via di un infarto che lo colpì mentre si apprestava alla lavorazione di un film che sarebbe dovuto essere girato nella vecchia Unione Sovietica, in cui avrebbe raccontato una storia d'amore durante l'assalto di Stalingrado nella seconda guerra mondiale.
Un vero peccato che la sorte abbia tolto a noi tutti una figura come lui, che ci avbrebbe regalato ancora film alquanto significativi e da epopea. Rimangono solo tracce indelebili di ricordi, l'esempio serio del cinema che aveva dentro, e un'infinita ispirazione che ha fornito a registi come Quentin Tarantino e Stanley Kubric, che a detta loro, senza i suoi "insegnamenti", non sarebbero riusciti a girare alcuni film.
Ce ne fossero di registi come Sergio Leone al giorno d'oggi, cui noi tutti dovremmo inchinarci alla stazza di un semplice grande maestro.



Sempre più a sinistra

Mi tornano alla mente in questo ultimo periodo, le manifestazioni del 2002 organizzate dai girotondi, in cui si protestava pacificamente a favore della giustizia e pari diritti nel nostro paese.Da non scordare ad esempio quella svoltasi nel febbraio dello stesso anno al Palavobis di Milano per la ricorrenza del decennale dell'inchiesta giudiziaria "Mani Pulite". Liberi e onesti cittadini si sono lì ritrovati pacificamente, per dare sostegno e appoggio a quella "causa" civile per far capire quanto gli stesse a cuore un principio fondamentale: che la legge è uguale per tutti.
Ovviamente non poteva mancare il commento negativo del "solito" leader Maximo (Massimo D'Alema) che sottolineò: " Non si festeggiano le manette", facendo finta di non sapere che quella fosse una manifestazione a tutela dell'inchiesta, visto che gli anni di tangentopoli vengono continuamente bollati (dai centri del potere), come una sorta di accanimento giudiziario illegittimo, con lo scopo di rovesciare una classe politica e partitocratica. Mentre in realtà, si trattava semplicemente di un'inchiesta legittima e pulita, contro un sistema politico corrotto e affaristico, che gravava proprio sulle spalle dei tanti cittadini onesti, che pagavano conseguenze per l'insieme di affari loschi attuati da diversi uomini delle istituzioni che rappresentavano.
La sinistra partitica italiana, per la maggiore, non riesce a tollerare proprio che il libero cittadino manifesti il desiderio e la voglia di giustizia in questo paese, e si sentono quasi scavalcati e spodestati quando qualcuno( meglio di loro) gli fa notare gratuitamente quale dovrebbe essere il lavoro che loro stessi dovrebbero svolgere, azichè sedersi fra i banchi del Senato o della Camera a fare "inciuci" e pubbliche relazioni tra loro.
Massimo D'Alema, ne è l'esempio lampante, il quale, ha trattato ripetutamente col Cavaliere e i suoi uomini di fiducia alla fine degli anni novanta, per stravolgere la Costituzione nelle parti salienti e delicate riguardanti la giustizia, attraverso l'inciucio palese e abominevole della seconda Repubblica qual è stata la commissione bicamerale, presieduta da D'Alema stesso, con l'avvallo e il sostegno dell'attuale Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi.
Anna Finocchiaro non è da meno. Oggi capogruppo del PD al Senato, corse a baciare il collega Renato Schifani (assai chiacchierato per alcune sue strane frequentazioni passate) al momento della nomina a Presidente della del Senato. Nel 2008, fallì, perdendo vistosamente, la poltrona come governatore della Sicilia, in cui, senza l'auspicio delle primarie, venne candidata al posto di Rita Borsellino, la quale, qualche anno prima, raggiunse un risultato assai migliore. Molto potente la senatrice Finocchiaro, permalosa quanto irascibile a qualsiasi critica, anche bonaria, che le viene mossa, e si ha la riprova nel vederla diventare rossa infuocata quando avvengono queste cose. Ancora da capire come mai all'interno del suo l'ufficio stampa, durante la campagna elettorale per la corsa a governatore della Sicilia, figurasse una persona condannata e poi prescritta per il reato di voto di scambio come Salvo Nandò.
                                                              
Il leader Maximo anch'egli, non è il solo a mostrare attegiamenti ambigui quanto inquietanti, ne si ha la dimostrazione quando, nel 2006, mandò alcuni suoi uomini di fiducia a parlare con il senatore Marcello Dell'Utri, all'epoca condannato a 9 in primo grado a nove anni per concorso esterno in associazione mafiosa, per chiedere l'appoggio del suo partito, all'epoca Forza Italia, in caso si fosse candidato alla Presidenza della Repubblica.
E' davvero molto strano, vien da chiedersi, come Finocchiaro e D'alema mostrino "sofferenza"  nei confronti della piazza pacifica che manifesta a favore delle legalità. La risposta forse sta nel fatto che proprio loro sono andati a trattare con personaggi alquanto chiacchierati e poco trasparenti da questo punto di vista, perciò è normale che vedano nel libero cittadino una minaccia costante nei confronti dei loro privilegi e comportamenti.
La scorsa estate durante una delle tante feste del PD, era stato invitato il presidente del Senato Schifani come ospite, quando un'intera folla di partecipanti lo fischiò insistentemente impedendogli di prendere parola. Codesto, è un diritto sacrosanto di tutti e perciò va rispettato, ma i "contestaori" hanno avuto il coraggio, (dato dal malessere e dalla stanchezza) di non venire ulteriormente presii giro, rifiutandosi di ascoltare le solite consuete parole di circostanza retorica cui il Presedente Schifani da sempre ha abituato, con la costanza e meticolosità di sottrarsi su alcuni interrogativi che riguardano la sua persona in base a "strane" frequentazioni che in passato, è certificato, ha avuto. La gente stanca, per una volta, si è sottratta all'ennesima sottomissione del potente di turno che parla parla e sostiene che vuole il bene del paese, quando in realtà dimostra il contrario, dato che si riufiuta audacemente di fare luce sul suo passato e ripondere a domande serie. Uno dei suoi doveri nei confronti dei cittadini è quello di mostrare trasparenza assoluta visto che ricopre un incarico pubblico di elevata delicatezza.
                                                         
Un discorso a parte invece, merita la negazione che gli studenti dell'università La Sapienza di Roma hanno riservato nei confronti del Papa che nel 2007 voleva parlare all'ateneo, cosa che ho ritenuto sciocca e priva di senso, visto che il Pontefice non ha paura di dimostrare le sue osservazioni, (anche se la chiesa ed egli stesso interferiscono da sempre sul Parlamento e l'esecutivo) e Benedetto XVI fin'ora non ha mai dato segni di non rispettare i cittadini.
Dopo la contestazione a Schifani, come logco, i leader del PD, da manuale, criticarono aspramente i contestatori, dimostrando ancora una volta di non avere rispetto per chi li sostiene, gli concede il voto e li stipendia.
E' l'ennesima conferma che alcuni massimi dirigenti democratici (si fa per dire) della sinistra italiana, non solo non hanno rispetto dei cittadini, ma nemmeno di se stessi, che si spalleggiano e difendono a vicenda facendo ovviamente squadra. Non hanno neppure il coraggio di ammettere che la televisione pubblica, la Rai, è in mano anche a loro, perciò quando un dibattito televisivo non gli sta bene, sarebbe quantomeno onesto dire; "non voglio che quel programma vada in onda perché a me che sono uno dei padroni della Rai non piace".
Questa è la sinistra rappresentativa di oggi, ed è un peccato vero che siano al comando determinati personaggi, che coi loro atteggiamenti, privano l'ascesa di uomini che a differenza loro, rispettano i cittadini, quindi loro stessi per primi, e si battono per la legalità di un paese più civile (Nando Dalla Chiesa e Claudio Fava per fare un esempio).
Del resto come si dice: "Il potere logora chi non c'è l'ha", perciò è bene conservarlo, non si sa mai, cosa che i leader di questa sinistra hanno bene imparato a fare.

Consigli al lettore

Consigliamo vivamente di leggere il libro "La mafia ha vinto", intervista di Saverio Lodato a Tommaso Buscetta, in cui lo storico collaboratore di giustizia riassume la sua vita in tutto e per tutto.
Le impressioni e la testimonianza finale che Tommaso Buscetta ha lasciato al giornalista scrittore siciliano, pochi mesi prima di morire. Buona lettura a voi tutti

venerdì 26 novembre 2010

Sottomissione in (presa) diretta

Martedì scorso, a Ballarò, su Rai 3, il Cavalier Berlusconi, nonché Presidente del Consiglio, è prontamente intervenuto telefonicamente esprimendo il proprio disappunto nei riguardi del tema trattato durante il dibattito: il problema dei rifiuti a Napoli. Per l'ennesima volta ha trovato la scusa per attaccare la Rai (che fra l'altro controlla quasi totalmente) scagliandosi contro il conduttore del programma, Giovanni Floris, il quale, abituato a essere maltrattato ripetutamente dal Premier, è rimasto in silenzio, senza replica alcuna nei suoi confronti. Auspicava solamente uno stentato sorriso di sottomissione acuta, rincarata  anche dal direttore di "Libero" Maurizio Belpietro, presente in studio, che poco dopo gli rincalzò la dose, forse, per dargli una scossa come uomo in nome della dignità calpestata.
Certo, è facile prendersela con Floris, agnellino indifeso che ha bisogno di essere posizionato nella televisione pubblica, prima dalla Margherita, oggi Pd. Ma è anche vero che il conduttore, in prima serata sulla tv pubblica, ha un ruolo di responsabilità verso i telespettatori che lo seguono, perciò una reazione civile contro un passivo silenzio sarebbe stato lecito e doveroso nei confronti del cavaliere, che ripeto, insultava sia la trasmissione che egli stesso. Mi sono chiesto, nel vedere la messa in onda, come mai non muovesse una piega, visto che era stato attaccato sul piano personale, fornendo al telespettatore il messaggio che se il potente di turno ti umilia davanti a millioni di persone, devi accettare tranquillamente la cosa standotene buono e quieto. Il telespettatore potrebbe apprendere che l'azione del Premier fosse cosa buona e giusta quanto il silenzio assenso dello zerbino Floris. Poi ho capito, ho compreso che quello fosse il prezzo da pagare per essere piazzati in prima serata tv tramite partito e non per meriti, perciò è normale che (Floris) debba ricevere pugni e schiaffi ogni qualvolta il Premier si sente frustrtato al martedì e non sappia con chi prendersela. Per lui è facile alzare la cornetta e parlare in trasmissione, non si tratta di un senza tetto, ma dell'uomo più potente e ricco d'Italia. Caro Giovanni Floris, comprendo appieno le difficoltà che ha nel replicare a una pesante demolizione di sé e del suo lavoro, causa le conseguenze di avere un posto tramite partito, quindi lobby, ma almeno dia l'esempio, a chi la segue e l'ascolta, che ogni tanto il carattere personale bisogna pure averlo e tirarlo fuori, civilmente e coi metodi garbati che lei bene conosce, perché altrimenti risulterebbe responsabile del messaggio radiotelevisivo che senza i "cosiddetti" si può vivere tranquillamente. Se sta bene a lei, non vuol dire che i cittadini siano consoni al suo pensiero, ne tenga presente, e abbia stima della sua dignità: sempre.

Consigli al lettore

 
Consigliamo la lettura del libro "Strage" Einaudi, per mano del bravo scrittore giallista bolognese Loriano Macchiavelli, in cui viene raccontata in forma di noir, la strage alla stazione di Bologna del 1980.
Un romanzo storico, a metà tra spionaggio e attualità, per non dimenticare mai una macchia nera nel nostro paese, che ancora non ha trovato luce, giustizia e verità in merito.
                                                                                                                  Buona lettura
                                                                                                              LA REDAZIONE




Pippo Fava: Un uomo da non dimenticare

Caro lettore, ti consigliamo di visualizzare la puntata che "La storia siamo noi" ha dedicato in memoria di Giuseppe Fava, a venticinque anni dalla sua uccisione per mano della "mafia".
Clicca il link qui sotto e potrai vedere la prima parte della messa in onda.
                                                                                                             Buona visione

L'iposcrisia più grande sta a sinistra

La sinistra italiana parlamentare, in maggioranza, è petulante, falsa e arrogante. Maggior parte dei seguaci alla loro corte sono persone snob, con la puzza sotto il naso, semplici classisti appartenenti a quella classe borghese denominata "radical chic" che in nessun modo ama il prossimo se non loro stessi e la propria categoria d'appartenenza, spacciandosi preoccupati per la sorte dei bisognosi.
Sono spalleggiati da una categoria di servi protettori che ogni giorno, s'adoperano per prenderne le difese su vari fronti, quando è possibile, giustificandone le scelte perché è proprio grazie a loro che mantengono ruoli di privilegio all'interno di categoria importanti quali ad esempio la carta stampata.
Fanno ridere coloro che criticano Emilio Fede, bollandolo come servo. Certo, il direttore del Tg4 è di parte, ma non nasconde la propria dedizione e simpatia nei riguardi del Premier Berlusconi. Non recita il ruolo dell'imparziale, anzi, non ne vuole proprio sapere. Il demerito che ha, è quello di influenzare e orientare le classi meno abbienti culturalmente nei confronti  della parte politica cui nutre simpatia, ma non è certo il solo a farlo. Conduce questo comportamento in maniera più palese rispetto ad altri, più diretta, quindi spontanea e meno grave. Il Tg3, per esempio, è il marchio sponsor del Partito Democratico, e le notizie che fornisce sono bilanciate in base al governo che vige in Parlamento. Se il centro sinistra si trova all'opposizione verrà fornita la notizia che il nostro paese si trova di fronte a una situazione catasftofica, se invece è il contrario, noi cittadini, a loro detta, cominceremo a stare meglio in tutti i sensi, grazie al lavoro e all'impegno dell'esecutivo. La differenza tra il Tg4 e il Tg3, sta nel fatto che il primo è dichiaratemente fazioso, mentre il secondo è più defilato e allusivo rispetto al primo, sono quindi la faccia della stessa medaglia in cui quest'ultimo marca di più ed è più falso e maligno, se non macchiavellico ingannevole. La sinistra partitica, sostiene spesso, che per quasi conquant'anni è stata all'opposizione, il che è vero, ma solamente sul piano governativo nazionale, perché ha improntato il suo potere in varie regioni del paese, nei comuni e nelle città, oltre che e in maniera smisurata nella cultura.
Mario Borghezio è parlamentare presso il parlamento europeo  eletto tra le file della Lega Nord, e dalla sinistra è considerato un nemico a tutti gli effetti, causa l'eccessiva enfasi spettacolare che mette nel fare i discorsi durante le manifestazioni del suo partito, in cui si diverte a calcare la scena dal palcoscenico e agitare la folla.
Spesso cade in eccessi, e questo è il punto in cui la sinistra trova sempre e comunque modo per attaccarlo, bollandolo come omofobo razzista. Certo, è stato accusato, poi condannato per concorso in incendio di un campo rom durante una manifestazione, ma fare di lui un nemico mi sembra alquanto eccessivo se non ridicolo, visto che siedono tra i banchi del Parlamento, deputati che esprimono solidarietà ai condannati per mafia, e a cui si rivolgono per fare "incicuci" allo stato puro e guai a toccarli. Mentre l'eurodeputato Borghezio, quantomeno è più vero, e in diversi casi non dice falsità, è forse il modo in cui le sostiene le sue tesi a farsi additare come sovverivo. E' l'esponente politico più noglobal che ci sia, si nota benissimo che gli sta a cuore il tema della legalità e della lotta alla corruzione nel nostro paese, solo che si ritrova alleato di Berlusconi, e si sa che la Lega nord (come sostiene il giornalista Massimo Fini), pur di approvare il federalismo è pronta ad allearsi con chiunque e stringere dei patti siglati.
Alcuni membri dei centri sociali che qualche anno fa hanno incontrato Borghezio sul treno Torino Milano, una volta riconosciuto, l'hanno picchiato di brutta maniera, riempiendolo di insulti e sputi, minacciando oltretutto di buttarlo giù dal convoglio mentre questo era in viaggio. Un bell' esempio di coraggio: accanirsi in gruppo contro uno solo, senza per'altro sapere che Borghezio è l'antagonista di quel trattato di Lisbona che se venisse approvato anche in Italia, ci si troverebbe di fronte a una dttatura democratica anora più marcata di quanto non sia adesso. Il fatto che lui difenda il paese dal via vai di extracomunitari non nasconde l'ipocrisia che invece incombe a sinistra, dove hanno la pancia piena a furia di difendere e trovare alleati più possibili dimostrandosi buoni, gentili e disponibili.
La sinistra italiana solo per il fatto che Barak Obama fosse nero, e Segolene Royal una donna, in principio doveva mostrarsi favorevole alla loro candidatura, senza nemmeno conoscere bene i personaggi. Pregiudizi in partenza, tant'è che il presidente americano ha dimostrato di non aver saputo o voluto attuare le riforme tanto promesse durante la campagna elettorale che prese il nome "Yes, I can". Per la candidata alla presidenza della Repubblica francese invece, le troppe gaffe dette in tv le sono state fatali, e nonostante inziaialmente nei sondaggi fosse in netto vantaggio sull'avversario, le sue dichiarazioni pubbliche hanno fatto spostare i voti nell'altro senso (pericolo scampato).
La sinistra italiana combatte affinché ci siano a tutti i costi un numero di ministri donna pari a quelli degli uomini, una cosa priva di senso logico, visto che parte prevenuta in partenza, secondo cui basta che ci siano donne al governo per risanare il paese. Vien da pensare che se una donna venisse eletta alla Presidenza del Consiglio dei Ministri staremo meglio tutti quanti, visto che è donna, quindi capace. E chi ci dovremmo ritrovare quindi al posto di Berlusconi secondo questa sinistra? Un personaggio come Anna Finocchiaro, Giovanna Melandri o Marianna Madia? Che se avessero metà del potere che Berlusconi possiede, farebbero molto, ma molto peggio di quanto lui non ha fatto.
                                                       
Destra e sinistra non hanno senso, sono due facce della stessa medaglia, solo che fino ad ora la destra è sempre stata rappresentata da Berlusconi in sé, mentre la sinistra invece è un assetto strategico di uomini ai posti di comando che si spartiscono il potere diviso in parti talvolta eque. Un atteggiamento e una tattica quest'ultima meno palese ma più influente, quindi più pericolosa, cosa che ha capito e ispirato Gianfranco Fini e che si sta lentamente, creando un'altra destra, traendo come musa ispiratrice la politically correct sinistroide.
Mentre come sempre, i cani sciolti e i parlamentari seri (che ci sono in Parlamento, solo che non si vedono perchè non protetti dal potere) sia di destra che di sinistra devono restare ai margini, usati solo per fare campagna elettorale e raccogliere voti per il "partito", per poi farli sedere in Parlamento e privarli di alcuna iniziativa innovativa, se non quella di fargli scaldare la sedia fino alla fine della legislatura.

Associazioni pro life: abuso di potere

Nel nostro blog, non abbiamo in alcun modo sostenuto la trasmissione di Fabio Fazio e Roberto Saviano, trasmessa da Rai 3, "Vieni via con me", spiegandone i motivi. Non crediamo opportuno però che gli autori, i responsabili e i conduttori della trasmissione, debbano obbligatoriamente ospitare il pensiero delle associazioni pro life che a detta loro, difendono il diritto alla vita e combattono ostinatamente contro il testamento biologico e l'eutanasia. Tra parentesi, aggiungiamo che ci siamo occupati di questi temi in un precedente nostro articolo, postato la settimana scorsa. Motivazione di questa imposizione (più che richiesta), deriva dal fatto che nella precedente messa in onda del programma, tra gli ospiti in studio, vi fossero Beppino Englaro e Mina Welby, che si sa, difendono il diritto di poter porre fine all'accanimento tarapeutico. Prontamente, si sono mosse proteste di queste associazioni che intendono replicare in modo tale da consentirgli un contraddittorio sugli argomenti in questione. Se ciò accadesse, significherebbe che in una trasmissione se si invitano ospiti che la pensano in un modo, bisogna per forza far replicare il pensiero contrario per pareggiare la questione. In parole povere, gli organizzatori di un programma si vedrebbero costretti a una totale privazione esplicita di autonomia del proprio lavoro, contro la trasmissione da loro stessi curata. Una cosa alquanto assurda e antidemocratica, perché se la trasmissione è "mia" e la gestisco personalmente, sono "io" che devo decidere casomai se far replicare o meno "qualcuno". Invece, è accaduto che le associazioni pro life si sono talmente accanite contro chi la pesa diversamente, che hanno tirato su un polverone, e siccome, si sa, sono potenti perchè spalleggiati e coperti da poteri forti e talvolta occulti, la commissione di vigilanza Rai sta dibattendo se decidere o meno di offrire loro lo spazio preteso, contro la volontà del direttore di rete e degli addetti al programma. Queste associazioni hanno il diritto di dire la loro, e mi sembra che gli spazi per poter farlo ce l'abbiano a tutti gli effetti e soprattutto in televisione, per cui il polverone sollevato sembra quasi un'imposizione autoritaria che non rispetta i pensieri e le battaglie di chi ha posizioni diverse dalle loro. Resta l'ennesima conferma di come i "pro life" siano comitati di esaltati integralisti fanatici che abusano degli appoggi determinanti che hanno alle spalle e anziché proclamarsi per la vita dimostrano ancora una volta di esserne irrispettosi, perché se "io" decido sulla mia vita, tu lo dovresti rispettare, perché la vita appartiene al singolo, non alla collettività delle lobbyes.
E' l'amara e triste consapevolezza di un pericolo di attentato contro la libertà di coscienza individuale, alla quale bisogna seriamente stare attenti e all'erta come non mai.

giovedì 25 novembre 2010

I vecchi subiscono le ingiurie degli anni...

Gli anziani, al giorno d'oggi, se si comportassero da tali, accettando arrendevolmente la loro età, sarebbero considerati dei miserabili relitti che non servono a niente. Categorie insignificanti che prima se ne vanno, meglio è. L'anziano, nella società globale odierna, è visto con sospetto, perché viene impartito come modello, quello dell'elisir dell'eterna giovinezza (forzata). Se gli anziani facessero i nonni, vestissero in modo adeguato, ricordando tra amici i bei tempi passati delle loro "estati", sarebbe certamentente cosa normale, visto che fino a non molto tempo fa, era così. La modernità invece, ha cambiato tutto, ha capovolto la figura del vecchio saggio, sostituendola col relitto ai margini dell'interesse collettivo. Perciò l'anziano ha paura, teme di essere lasciato lì a morire da solo, intrappolato nel resistere per vivere (che già per gli anziani è già una fatica), adeguadosi ad adottare la solizione più opportuna al riguardo, anche se paradossale: quella di sembrare sempre e comunque giovane. I vecchi sono sfruttati in maniera spaventosa nelle trasmissioni televisive, nellle quali vengono addobbati d'indumenti post moderni, in cui si dilettano a ballare e a fare i giovani amanti. Vengono derisi dai conduttori stessi, dagli ospiti in studio e dai telespettatori che vedono in loro un fenomeno da circo su cui c'è da divertirsi. Mentre un tempo l'anziano era colui che portava il "sapere", che sedeva a capotavola, dove nessuno si azzardava ad aprir bocca in modo inappropriato senza il suo consenso. Viveva in una casa assieme ai figli e nipoti che lo accudivano, in cui egli si laciava andare ai piaceri di riposo che l'età anagrafica gli offriva, cercando di reggere il più possibile nel tempo, senza troppo affaticare il fisico.
Oggi giorno invece, gli viene "offerto" il viagra, partecipa alle maratone, ad appuntamenti di coppia televisivi, spacciandosi come un amante che sa ancora proporre prestazioni sessuali esemplari. Per poter quantomeno essere "considerato" un essere umano, deve competere come fanno tutti in quest'epoca moderna, stare sempre al passo coi tempi. La solitudine che prova, è tale, che vuole farsi notare a tutti i costi come per dire: "Ehi, guardate che ci sono, esisto anch'io", e la riprova la si ha nel constatare che spesso e volentieri vivono da soli, senza l'aiuto di alcun parente, con la paura che i malanni s'intensifichino a tal punto da non essere più autosufficienti per poter svolgere anche le più semplici azioni basilari, col conseguente rischio di essere letteralmente sbattuto in un'ospizio, dove morirà agonizzantedi crepa cuore, visto che a ogni giorno che passa si vedrà sempre più solo ed accerchiato, fino al punto di abbandonarsi alla morte privodi ogni dignità.
Il merito della globalizzazione è anche questo, di non lasciarti nemmeno un piccolo spazio vitale quantomeno sereno, l'ombra della paura incombe anche sugli anziani che devono correre anche loro, inutilmente, come i ragazzini. Col benessere e l'eterno sviluppo in continuo progresso evolutivo, si è riusciti persino a strappare il diritto a una morte serena e naturale, una scatola chiusa dalla quale è molto difficile sottrarsi, perché prima o dopo, con l'attulae processo globale, si colpisce tutti, uno per uno.


Socialismo italiano: "Mission impossible?"

Di recente, abbiamo postato un articolo riguardante la storia del socialismo in Italia. Abbiamo sottolineato le incompresioni che oggi incombono verso questo termine, che a causa della classe dirigente facente capo a Bettino Craxi, dal 1992 in poi, fece bollare queste fede politica come ladra e corrotta.
Se oggi come oggi, un gruppo di persone oneste e in gamba decidesse di crare un movimento socialista che racchiuda in sé i valori e la fede che il socialismo stesso rappresenta, credo che l'ipotetico risultato elettorale risulterebbe alquanto scadente se non ignorato del tutto. Complice anche, il fatto che il segretario nazionale Riccardo Nencini, del nuovo Partito Socialista (nato nel 2008), si sia recato all'incirca un anno fa ad Hammamet, sulla tomba di Craxi, per renderli omaggio. Ma come può il Signor segretario, verrebbe da chiedersi, celebrare la figura e onorare la memoria di un uomo che ha deturpato e poi distrutto il partito più glorioso e umanitario della storia italiana? Anziché pensare a ridare credibilità alla storia socialista che esso rappresenta e prendere le distanze una volta per tutte da quella classe dirignte, che ha sporcato il buon nome e la storia del partito, perché va a onorare l'emblema della rovina?
                                                
Forse il segretario Nencini ha la memroai corta, o fa finta di non sapere che il socialismo, oltre che un movimento umanitario a difesa dei più deboli, ha da sempre rispettato istituzioni come la magistratura, la quale indagò su Craxi e lo condannò con sentenza definitiva per ben 2 volte, in totale a dieci anni di reclusione. Craxi non credo vada riabiltato, perché significherebbe che è stato disonorato. E l'ipotetico disonore, starebbe nella magistratura che ha appurato dei reati da lui commessi, e appositamente lo ha condannato per questi? Bettino Craxi, anni prima di venire inquisito dimostrava già avversione nei confronti dei giudici, e proprio per questo allontanò dal partito quegli esponenti che scrissero un articolo in cui gli furono mosse  semplici di critiche. Chi non ha rispetto delle istituzioni che rappresenta, non è degno di alcuna celebrazione, oltretutto se ha commesso reati nei confronti dello Stato che ha governato. I fatti lo dimostrano da tempi più remoti, uno su tutti, il caso del giudice Carlo Palermo.
Il magistrato in questione, oggi svolge la professione di avvocato, ma dal 1974 al 1984, era sostituto procuratore presso la procura di Trento, dove s'imbattè in indagini riguardanti il traffico d'armi internazionale che sembrava coinvolgere il segretario socialista, il quale, assieme ai "suoi", condusse una fortissima campagna contro il magstrato facendo un esposto persino al CSM, il quale, dopo che l'inchiesta cadde nel nulla, decise di trasferire il giudice presso la procura di Trapani.
Nella città sicula, il magistrato continuò ad occuparsi di armi e di mafia, finché una mattina del 1985, mentre scortato, si recava in procura, un'autobomba carica di esplosivo saltò in aria, senza uccidere però né lui né la scorta, bensì Barbara Asta e i suoi due figli piccoli che erano in macchina con lei. Al momento dell'esplosione, visto che la macchina del giudice era in fase di sorpasso, codesta fece da scudo visto che l'auto inbottita d'esplosivo era parcheggiata sul marciapiede destro della carreggiata. Quest'amara e drammatica storia è la strage di Pizzolungo.
Ma torniamo ai nuovi compagni socialisti, per sottolineare un fatto emblematico, ossia, che finché la figura di Craxi verrà spacciata come colui che è stato perseguitato ingiustamente e costretto da esule a fuggire all'estero, la parola socialista in Itala sarà sempre accostanta alla corruzione e al potere gestito oltre i suoi limiti. Se invece verrà riconosciuto che Craxi è stato processato e condannato per reati contro la pubblica amministrazione, per cui è fuggito da latitante per non farsi giudicare, diffamando più volte l'istituzioni del paese che aveva rappresentato e quindi anche se stesso, uno spiraglio di guarigione e correzione riguardante l'opinione verso il socialismo italiano tornerebbe quello che era un tempo. "Mission Impossible?".

mercoledì 24 novembre 2010

Mafia al nord

 
Nell'ultimo periodo soprattutto, si sottolinea finalmente, come e quanto il fenomeno mafioso sia ben radicato nel nord Italia, e che non sia solo un problema riguardante il sud."Era ora che venisse ammesso", verrebbe da dire, visto che sono anni che la "cosa" s'è fatta palese e non si può non tacere su un fatto così importante, anche se, in alcuni casi, che non sono pochi, si tende a minimizzare l'accaduto, ed esserne restii e dubbiosi a  riguardo. Da ricordare, per esempio, che un comune come Bardonecchia, in Piemonte, nel 1995, ossia in tempi non "sospetti", fosse stato sciolto proprio per mafia. Si tratta di una cosa estremamente significativa e grave, perché il paese citato, non è affatto una metropoli, ma una località sciistica vicino a Sestriere, e se la cosiddetta mafia era riuscita a insediarsi in un posto così piccolo e raccolto, vien da chiedersi, chissà come i grandi centri possano esserne ancor più "infettati".
Ci sono regioni del nord palesemente infiltrate, si sente nell'aria, le tanto acclamate Lomabardia, Veneto ed Emilia Romagna, sono l'esempio lampante. In quest'ultima, ogni giorno, otto ettari di terreno, vengono coperte dal cemento per favorire nascenti cotruzioni.
Lo si nota bene percorrendo l'autostrada del sole, nel tratto Piacenza-Bologna, in cui fino a sette anni fa, per quasi quarant'anni, ai bordi delle carreggiate sostavano campi estesi dediti alla concimazione, e alcune cascine. Dal 2003 in poi, complice forse la nascita della linea ferroviaria dell'alta velocità, costruita accanto all'autostrada stessa, i blocchi di cemento si sono moltiplicati fra loro, e i campi cominciarono ad essere sempre più spodestati da una continua e frenetica "strategia del mattone". Si tirano su intere palazzine, industrie e prefabbricati come niente, in una velocità stratosferica, perciò mi sono domandato spesso; "Come mai questa pianura (se non regione) è rimasta "incolta" per quasi quarant'anni, mentre ora la si sta cementificanto a suon di record temporale?". Il dubbio che la mafia avesse messo le mani nelle imprese edili mi aveva  sfiorato diverse volte, così decisi d'informarmi sulla questione, e tramite convegni e qualche lettura, appresi che il mio dubbio fosse veritiero, e non frutto della mia immaginazione, come in molti invece mi accusavano.
Un libro su tutti "Mafia, camorra e n'drangheta in Emilia Romagna" di Enzo Ciconte, mi ha aiutato a fare un quadro sufficiente per pormi molte domande e alcune risposte in merito sul perché questi fenomeni si siano notevolmente estesi.
Il mafioso in Emilia non è certo l'uomo con la coppola e la lupara che va in giro reclamando "rispetto" assieme ai suoi picciotti. Il mafioso è un imprenditore a tutti gli effetti, un uomo d'affari che gestisce il controllo sugli appalti, truccandone le gare a discapito dei cittadini onesti e gravando sull'economia intera del paese.
Tutto ciò deriva da una triste circostanza passata, cominciata ai tempi in cui ai mafiosi, o sospettati tali, (solo "grazie" al sacrificio umano di Pio La Torre venne introdotto il 416 bis, ossia la famosa legge Rognoni-La Torre, che sanciva il reato di associazione mafiosa) dal sud venivano mandati al confino per un certo periodo di tempo, in alcuni "centri" del nord Italia. In questo modo, la mafia stessa, ha potuto cominciare indisturbata a insediarsi piano piano sul territorio fino ad arrivare ai giorni nostri, triste certezza per la quale è nato recentemente un "pool" antimafia di magistrati sia a Modena che a Reggio Emilia per far luce sull'accaduto.
La mafia al nord la si sente respirare nell'aria, lo si attinge nei comportamenti della gente, che sempre più si dimostra omertosa e diffidente. Essa, ha colpito le mente, divenendo a tutti gli effetti  un fenomeno di costume, con conseguenze gravi sull'educazione civica e culurale di alcuni cittadini.
Il pizzo è riscosso, ed è inutile ammettere il contrario, le intimidazioni anche, come azioni di racket indimenticate, come quando all'inizio della costruzione del tratto ferroviario dell'alta velocità nella zona di Reggio Emilia e Parma, ad alcune ruspe venn dato al fuoco.
Ci sono imprese edilizie in Emilia sotto lo stretto controllo delle mafie, ad esempio in centri come Maranello e Sassuolo dove la criminalità supera se stessa (Gaetano Badalamenti venne mandato al confino proprio a Sassuolo negli anni '70). Gestiscono numerosi locali coi proventi del traffico degli stupefacenti, (che è assai elevato) dello sfruttamento della prostituzione e del racket. Sta quindi cercando e in alcuni casi riuscendo benissimo a legalizzarsi: una S.P.A. a tutti gli effetti, ed è proprio per questo che gli inquirenti incontrano numerose difficoltà nelle indagini. La gente purtroppo, i cittadini onesti, il più delle volte hanno paura, e se si trovano a vedere qualcosa che non devono vedere, ci pensano su due volte prima di andare dalle forze dell'ordine per denunciare "l'accaduto".
                                                        
La crisi economica che ha colpito l'intera regione, in particolar modo il settore delle ceramiche, dove molti lavoratori sono stati messi in cassa integrazione, è l'effetto principale del fenomeno mafioso.
Tale settore è sempre stato il punto di forza su cui la regione stessa si reggeva, dove la richiesta di mano d'opera era costante, un settore sicuro quindi, mentre ora che la "bolla" è scoppiata risultando evidente, si è dovuti giungere alle gravi conseguenze appena accennate.
Interessanti saranno gli sviluppi che le varie procure stanno indagando sulla questione, ma finché non si comprenderà appieno che la mafia stessa, si è radicata nella mente delle persone, nei comportamenti di alcuni giovani, e che quindi è diventata un fatto di costume e moda che andrebbe prima studiato e "curato", per poi poterlo estirpare, non si arriverà mai a una soluzione concreta in merito. Continua...