giovedì 30 dicembre 2010

L'uomo nell'ombra: Gianni Letta

                                           
Di lui si sa poco o nulla. Non rilascia interviste pubbliche, perciò a malapena si conosce la sua voce. Si tratta di Gianni Letta, l'uomo nell'ombra verrebbe da dire, che è anche una figura contorta e al tempo stesso emblematica che si affaccia nei retroscena della politica nazionale, in cui durante tutti i governi presieduti da Silvio Berlusconi, ha sempre svolto il ruolo di Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri. Pur non essendo stato mai eletto in alcuno dei due rami del Parlamento italiano, ed essendo mai stato iscritto né a Forza Italia né al Pdl, è il vero uomo di fiducia del Cavaliere che tiene strettamente al suo fianco, incarnando per lui una sorta di uomo della provvidenza. E' adulato da quasi tutti i membri del Parlamento e soprattutto dalle opposizioni, nonostante si possa dire e constatare che a conti fatti non abbia fatto proprio niente per il Paese che noi sappiamo, a meno che non vi siano (ipoteticamente) dei retroscena che noi, inermi cittadini, non siamo a conoscenza. Persino Romano Prodi, e non si sa per quale motivo, lo descrisse pochi anni fa, quale persona "geniale".
Ma prima che Sottosegretario di Governo, Gianni Letta dal 1987 al 1994 è stato vice presidente dell'allora Fininvest, e prima ancora, per quindici anni di seguito, direttore del quotidiano "Il tempo" di Roma, nonché stretto amico personale dello storico fondatore e direttore del quotidiano stesso, Renato Angiolillo. Ed è qui che la storia si fa cupa e misteriosa, perché il dottor Angiolillo è stato sposato con una certa signora Maria, morta di vecchiaia nel 2009, giorno in cui alla Camera dei Deputati un lungo applauso by partisan le ha reso omaggio. Ma perché? -verrebbe da chiedersi- Solitamente in Parlamento si rende omaggio a volti noti del cinema, della televisione, e della carta stampata che è defunta, come nel recente caso di Mario Monicelli (poi finito in bagarre). Della Signora Angiolillo invece si sa poco e niente, e nemmeno attraverso internet si viene a conoscenza di chi fosse questa persona, se non che nella sua lussuosa casa romana, venissero invitati spesso e volentieri i più importanti e influenti nomi della politica italiana. Si dice che le più delicate e importanti iniziative intraprese dal governo e dal Parlamento stesso, venissero stabilite in quella casa, che veniva definita da alcuni come la terza o la quarta Camera parlamentare (a seconda di come viene classifcata quella di Bruno Vespa col suo Porta a Porta). Possibile che nessuno abbia mai fatto un'indagine accurata su chi fosse questa signora e su che ruolo avesse? Che cosa si nasconde dietro tutto questo? Dentro le pareti di quella lussuosa casa dei salotti romani? E poi soprattutto, chi è Gianni Letta? Perché viene ripetutamente adulato da tutti? Sembra quasi che lo si fa in quanto uomo di potere che incute timore. Ma potere di che e di che cosa? Questo non lo sappiamo, almeno, noi del nostro blog purtroppo no. Sappiamo solo che è consulente della misteriosa (anch'essa) Goldman Sachs, una delle più grandi e affermate banche d'affari di tutto il mondo. Dagli aspetti controversi però. Si sostiene che per la morte dello 007 italiano Nicola Calipari, egli stesso, per non creare una crisi diplomatica tra il nostro Paese e gli Stati Uniti, avesse steso un rapporto in cui era scritto che l'omicidio commesso ai danni del funzionario italiano da parte dei militari americani nel corso della liberazione della giornalista de Il manifesto Giuliana Sgrena avvenuta in Iraq, fosse stato non intenzionale, in modo tale da depistare le indagini della magistratura.
Da non scordare che nel 2006 venne addirittura candidato dal centro destra come Presidente della Repubblica, ottenendo al primo scrutinio quasi quattrocento voti a favore. Il Capo dello Stato, essendo la prima carica del Paese, deve essere rappresentata da una persona moderata, cauta e pronta al dialogo, e proprio per questo, per Silvio Berlusconi sarebbe molto difficile che raggiunga quel suo sogno, visto che non solo non possiede le caratteristiche basilari per poter esercitare quella funzione, ma è un uomo che attacca, umilia, e offende le Istituzioni. Gianni Letta invece si mostra pacato e silenzioso, e siccome adulato da tutti, incarna l'uomo perfetto da piazzare chissà, magari, nel 2013 alla Presidenza della Repubblica Italiana a termine del mandato di Giorgio Napolitano.
Non sapendo per niente chi sia, ed essendo un signore chiacchierato, non credo che Gianni Letta sia la persona adatta a rappresentare il Paese, anche perché nel 1993, davanti ai magistrati milanesi confessò di aver violato la legge sul finanziamento ai partiti, dando una somma pari a settanta milioni di lire nel 1988 all'allora segretario del Psdi Antonio Cariglia (reato nel 1989 caduto in amnistia).
Misteriosa la figura del Sottosegretario Letta, che proprio per questo meriterebbe di venire alla luce, perché visti i precedenti, qualche scheletro dentro l'armadio, potrebbe anhe esserci.

Ps. Se vuoi saperne di più su Gianni Letta, leggi la biografia non autorizzata che lo riguarda, inititolata appunto "Gianni Letta: biografia non autorizzata" di Giusy Arena e Filippo Barone, Editori Riuniti.
Buona lettura

Nel cinema italiano

Gli attori italiani odierni sono quasi tutti delle macchiette, celebri più che altro per essere considerati dei sex symbol e personaggi da rotocalco. Di attori italiani contemporanei notevoli ce ne sono pochi, Valerio Mastandrea, Libero Di Rienzo, Luigi Lo Cascio, Elio Germano e Claudio Gioè (anche se non gli si da l'opportunità di svolgere ruoli da protagonista). Anche Gianmarco Tognazzi non recita male, ma potrebbe fare molto di più e gli si augura di poter migliorarsi col tempo, visto che non è mai troppo tardi.
Persone quali Raul Bova, Stefano Accorsi, Silvio Muccino, sono l'antitesi dell'interpretrazione, perché in ogni film che interpretano non sanno adottare una dizione decente in base al personaggio che interpretano, mostrando invece l'accento dei rispettivi luoghi in cui sono nati. L'aspetto fisico è un dato rilevante per un attore, ma questo non si deve ridurre al binomio bello/brutto, ma alla personalità dello stesso, che di conseguenza influenza il portamento e poi la tecnica da adottare durante la recitazione. Per fare un esempio, in Italia abbiamo avuto due grandi attrici che pur non bellissime dal punto di vista solo ed esclusivamente estetico, il modo di recitare, la voce e il portamento le rendeva belle e di conseguenza brave. Parlo di Anna Magnani e Laura Betti. Abbiamo avuto anche attrici belle esteticamente e brave allo stesso tempo come Virna Lisi e Silvana Mangano. Mentre oggi, abbiamo Maria Grazia Cucinotta, che non sa altro che interpretare la donna mediterranea che mostrando il prorompente decoltè fa impazzire lo spettatore, confondendo le forme con la bravura. Forse una famosa attrice brava e allo stesso tempo bella che è sulla scena italiana è Anita Caprioli, ma è molto poco, anche se meglio che niente.
Poi abbiamo i classici sinistroidi Claudio Santamaria, Pierfrancesco Favino e Sabrina Impacciatore, che col suo femminismo cerchiobottista vuol farsi vedere per quello che non è: una persona intelligente.
Merito di questo degrado cinematografico è l'assenza di registi e sceneggiatori validi. Se infatti un tempo avevamo Federico Fellini, oggi c'è Gabriele Muccino, se ieri c'era Sergio Leone oggi abbiamo Ferzan Ozpetek, se ieri avevamo la Mangano, oggi abbiamo Violante Placido, che non riesce nei suoi film a non mostrare il suo seno e altro ancora. La colpa o il merito di tutto questo va ricercato anche nelle case cinematografiche italiane, in particolare, la più grande e importante di tutte: Medusa film.
Quest'ultima (controllata dal gruppo Mediaset, ossia dal Cavalier Berlusconi) ha come Presidente Carlo Rossella, un uomo che di cinema capisce ben poco, visto che ha sempre dimostrato di sapersi solo interessare a feste e vestiti elegantemente firmati. Un uomo che dagli anni '70 militava tra le file del Pci nella corrente filosovietica guidata da Armando Cossutta, per poi passare tra quelle di Forza Italia, visto che essere comunista non era più una moda dopo il crollo del muro di Berlino. Se questo genere di uomini vengono collocati in posti chiave, è normale che col tempo si abbia una degenerazione culturale in qualsiasi capo, incluso quello cinematografico. Se un tempo avevamo il grande Dino De Laurentis come produttore è normale che venissero fuori gli Alberto Sordi, gli Ugo Tognazzi, i Gian Maria Volontè, i Vittorio Gassmann e i Marcello Mastroianni, e non come oggi l'Alessandro Gassmann della situazione, celebre solo per sapere mostrare i muscoli e nient'altro.
L'unico grande attore italiano, oggi cinquattenne, è Fabrizio Bentivoglio, che ha stile e sa interpretare diversi ruoli in diversi tipi di pellicole. Persona a cui non interessa il gossip, non ne ha bisogno, perché una volta che i riflettori si spengono e il pubblico lo applaude, va a letto tranquillo senza mostrare segni d'insofferente incapacità che compensa nello stare al centro dell'attenzione.
E' forse questa una delle cause che ha decretato il degrado del cinema italiano, mettere nei posti di comando del settore delle mezze macchiette che in questo modo assumono e fanno lavorare persone in base non certo al merito, perché un film è uno strumento di cultura e d'insegnamento, e se viene contaminato dalle mele marce offrirà un messaggio sempre più negativo allo spettatore, e infatti l'operazione sembra andare piuttosto bene.

Fantasmi del passato


Ieri, il Presidente del Brasile Lula ha negato l'estradizione in Italia di Cesare Battisti, latitante  pluriomicida, e condannato in via definitiva all'ergastolo. Ma ciò cui tengo soffermarmi, riguarda in particolare la figura del pregiudicato Battisti. Da giovane facendo parte del Pac (Proletari armati per il comunismo) si prese la briga di fare rapine e commettere omicidi in nome della giustizia proletaria, quando invece diede modo e conferma di essere solo ed esclusivamente uno spietato assassino pronto a tutto,  contribuendo a far finire a vita su di  una sedia a rotelle, il figlio di un gioielliere che egli stesso uccise, il cui ragazzo all'epoca dei fatti venne ferito durante il conflitto a fuoco tra il padre e il Battisti stesso. Grazie alla latitanza, Battisti nel frattempo è diventato uno scrittore di noir anziché dattilografo di lettere che fra le sbarre di un carcere imploravano il perdono e le scuse allo Stato Italiano e soprattutto ai parenti delle vittime degli omicidi da lui stesso commessi.
Il personaggio in sé ricorda un certo Achille Lollo, membro ai tempi degli anni '70 di Potere Operaio, periodo in cui la moda esigeva e rendeva figo coloro che si apprestavano a giocare a fare i rivoluzionari.
Lollo, assieme ad altri appicò il fuoco davanti alla porta di un condominio situato alla periferia di Roma dove viveva la famiglia Mattei, nota famiglia di fede fascista, il cui capo famiglia era il segretario della sezione di zona dell'Msi. Attraverso una tanica di benzina versata sotto lo spiraglio della porta di casa, le fiamme divamparono in tutto l'appartamento. La numerosa famiglia però riuscì a salvarsi in parte, dopo essersi calata giù dalla finestra, tranne due figli, uno di ventidue e l'altro di otto anni, che rimasero carbonizzati dalle fiamme dell'incendio sul davanzale di casa dinnanzi a una folla dell'intero quartiere di Roma dove vivevano. Una scena orribile, in cui gli abitanti urlavano loro di buttarsi giù per salvarsi. Una morte orrenda e sofferta, per opera di alcuni stupidi e viziati ragazzi che si sono trasformati in assasini per il semplice gusto di fare i rivoluzionari della situazione, andando a colpire una famiglia povera di una borgata romana. Una famiglia onesta, con l'unica colpa di essere simpatizzanti del Movimento Sociale Italiano, che i veri comunisti della zona identificarono come brava gente che non meritava una disgrazia simile, come non la merita nessuno. Perché nella vita si può essere amici anche se uno è comunista e l'altro è fascista, perché l'amicizia va oltre le idee politiche, è un affetto, un aiutarsi l'uno con l'altro dove la fede politica non c'entra. La strage prese il nome di  rogo di Primavalle, quartiere popolare di Roma.
Achille Lollo oggi vive in Brasile impunito, prima da latitante e oggi grazie alla prescrizione è un uomo libero a tutti gli effetti. E anche se è vecchio, rimane comunque un assassino che per il suo crimine dovrebbe pagare come dovrebbe in questo caso Battisti, perché ciò che hanno commesso sono delitti efferati con il solo scopo di distruggere delle famiglie intere. Si dice spesso che i reati consumati durante gli anni di piombo vadano amnistiati perché il periodo era così. Ma così in che senso? Sono stati commessi delitti atroci, e il fatto che siano stati svolti in determinati anni non è né una giustificazione né un permesso di condono, perché altrimenti, adottando una scusa simile, in nome della depressione che si ha, uno potrebbe tagliare la gola a chi gli sta antipatico senza venir perseguito e dire: "Beh poverino, è depresso, bisogna capirlo, ha ucciso per tristezza". Stesso discorso vale per Battisti, delinquente assassino nelle cui foto attuali sorride quasi a voler sfottere anziché vergognarsi della persona che è: un barbaro assassino che ha commesso dei reati gravi, e che per questo non va aiutato a sfuggire alle pene che deve scontare, ma esservi condotto perché nella vita l'ha fatta anche troppo franca .
Non è giustizialismo, ma senso civile.

mercoledì 29 dicembre 2010

Cantautori italiani

I cantautori italiani in circolazione sono tantissimi, anche se a ben vedere, coloro che hanno espresso, scritto e cantato canzoni davvero emozionanti sono ben pochi. L'italia di oggi offre sulla scena del panorama musicale cantanti quali Jovanotti, che stona, Carmen Consoli, che con la sua voce semi isterica canta dal 1996 la stessa canzone dalla stessa tonalità, e per darsi un tono si fa vedere spesso suonare la chitarra e a volte anche il basso. Abbiamo, anzi hanno, Tiziano Ferro, che rappresenta e racchiude nei suoi testi, cantati con stonature e striduli vari, l'analfabetismo dominante che imperversa sulla scena.
E' vero, ci sono cantanti come Giorgia, che è brava e sa fare bene il suo mestiere, che a differenza della Pausini non rappresenta alcuna icona ed è solo un'interprete, ma è poco. Abbiamo anzi, hanno Elisa, che in pubblico se gli si pone una domanda non sa rispondere, dimostrando di non saper formulare una frase di senso compiuto. Certo, un cantautore dovrebbe rispondere ai testi che canta e alla voce che sfodera nel farlo, ma anche la persona conta, e non mi riferisco all'aspetto estetico, ma al portamento, ai modi di fare e di porsi. I cantautori in Italia sono stati davvero pochi, e dare a persone quali Tiziano Ferro, Valerio Scanu o Marco Carta che non sanno cantare, l'occasione di poterlo fare, venendo così accostati ai grandi nomi del mestiere, è un omicidio vero e proprio, perché questi tre, l'unica cosa che li lega profondamente e per la quale sono portati meglio, è di sapersi fare le sopracciglia in modo impeccabile.
Che dir si voglia i veri cantautori italiani, profondi, si contano sulla punta delle dita, e il resto non sono altro che semplici cantanti di canzonette. Cantautori, nel vero senso della parola sono Fabrizio de Andrè, uomo dal lato umano ineccepibile e grande cialtrone (in senso bonario s'intende), che con la sua voce raccontava le storie dei poveri emarginati, ergastolani, puttane, suicidi. Giorgio Gaber, cantore tenace, combattente e malinconico, Pier Angelo Bertoli, che cantava l'amore e la rabbia nei confronti delle ingiustizie, Gino Paoli e Luigi Tenco che hanno composto le più belle ballate d'amore di tutti i tempi.
Enzo Jannacci, che sullo stesso stile di De Andrè raccontava storie di periferia e di degrado sociale anche  e soprattutto in chiave ironica, e più di tutti, colui che ha cantato racconti, romanzi e storie d'incontri di persone che si sfiorano, s'intrecciano e si danno addio, nonché cantautore della vita: Francesco Guccini.
Stiamo parlando di uomini che hanno dato tanto alla musica, e piuttosto bene oserei dire.
Un altro cantautore che poteva fare di più e non gli è stato concessso una possibilità maggore è stato Ivan Graziani, grande chitarrista, compositore di canzoni d' amore dal sapore nostalgico e mai scontate.
Francesco De Gregori invece, è il vorrei ma non posso della situazione. Le sue canzoni non sono mai state complete, finite, arrivano fino a un certo punto poi si fermano all'improvviso, senza darti quella sensazione completa che una canzone dovrebbe offrire a 360°. I suoi ritornelli sono sempre state le forme per segare le gambe ai suoi pezzi che partivano bene, e poi con essi cadevano in basso. Uomo antipatico, poco modesto e piuttosto permaloso, che si dichiara spassionatamente "artista", quando invece dovrebbe avere la nobiltà d'animo e forse l'umiltà di ammettere che cantare una propria canzone è un mestiere concreto e non un'arte che così detta è segno indelebile di bisogno di sentirsi superiore a qualcosa. Claudio Baglioni è una sorta di cantante che coi suoi stornelli canta la solita strofa ripetitiva da anni, raccolta audacemente da Gigi D'Alessio, persona che si commenta da sola, che sta alla musica e al canto come Cesare Previti sta alla giustizia.
L'unico che potrebbe essere un cantautore a tutti gli effetti ai giorni nostri sarebbe Cristiano De Andrè, ma ciò non è possibile purtroppo, perché maggior parte dei critici lo ha sempre attaccato con pregiudizio iniziale solo ed esclusivamente perché figlio d'arte, danneggiandolo già in partenza e commettendo un grave errore. I cantautori italiani, che sono patrimonio nazionale, sarebbe bene comune che vengano identificati in quei pochi che ci sono, perché accostarli ad altri personaggi che invece strimpellano ed emettono suoni, sarebbe come mettere su di un vassoio un semplice e buon piatto di pasta, ma condito con la muffa anziché col grana.

Il Duello Quotidiano

Nell'Italia spaccata in due, si affacciano su di essa due grandi forze della carta stampata che si fanno una specie di guerra fredda l'uno con l'altro, facendo parte di due schieramenti opposti: il Corriere della sera e la Repubblica. Il primo è semi-belusconiano, e spegne incendi per minimizzare i disastri che reca al Paese il Presidente del Consiglio, il secondo invece è la voce a tutela e a difesa del Partito Democratico. Questi due quotidiani è pur vero che ospitano ottime firme del giornalismo quali Gian Antonio Stella o Attilio Bolzoni (per fare alcuni esempi) ma la linea generale editoriale adottata è filo parlamentare e, a seconda del momento, filo governativa. Il Corriere, storico giornale tra le cui pagine figuravano firme eccellenti quali quelle di Pier Paolo Pasolini, Indro Montanelli e Ferruccio Parri, era un quotidiano gestito da un imprenditore (come quasi tutti i giornali fino a qualche anno fa) che faceva da editore, il cui unico interesse erano le copie vendute e quindi i ricavi. Oggi invece, è gestito da una serie di azionisti che si spartiscono la gestione e che quindi interferiscono sulla linea editoriale in modo netto e preciso. Il giornalista sa quindi che ha dei limiti, perché non deve andare a toccare alcuni interessi finanziari che magari riguardano proprio uno degli azionisti che detiene le quote in borsa, visto che la società che raggruppa le quote stesse è la Rcs MediaGroup. Di conseguenza, un'inchiesta giornalistica nei confronti di alcuni interessi economici sarebbe esclusa se non impossibile da svolgere.
La Repubblica invece, è controllato dal Gruppo Editoriale l'Espresso S.p.A., anch'esso quotato in borsa, al cui vertice, come Presidente, spicca il Manager torinese Carlo De Benedetti. Essendo un quotidiano dell'imprenditore torinese, acerrimo nemico di Silvio Berlusconi, che durante la guerra di Segrate si contendettero la Mondadori (che poi finì nelle mani del Presidente del Consglio tramite una sentenza comprata, per la quale venne condannato l'ex Senatore nonché avvocato Cesare Previti per aver corrotto i giudici), la linea adottata è schierata a favore della parte politica di maggiornza opposta al Cavaliere. La differenza sostanziale tra i due quotidiani è che il primo, essendo posseduto da varie società con percentuali eque per la maggiore, la linea editoriale assunta è morbida un po'con tutti gli schieramenti ma in particolare nei confronti del Cavaliere, mentre il secondo, in cui De Benedetti detiene la maggioranza delle azioni è più di parte rispetto all'altro.
Se un tempo il Corriere ospitava la firma illustre di Eugenio Montale, oggi offre ai lettori quella (è un esempio) di Francesco Alberoni, mentre Repubblica non ha remure e pudore a ospitare gli scritti di Adriano Sofri (condannato con sentenza definitiva a più di vent'anni di carcere come mandante dell'omicidio del funzionario di polizia, Commissario Luigi Calabresi, avvenuta a Milano nel 1972).
I due principali quotidiani nazionali non fanno altro che dare esempio nella carta stampata della divisione in due blocchi dell'Italia, e l'evidente conferma la si è avuta durante il famoso caso di Noemi Letizia del 2009 che riguardò il Premier Silvio Berlusconi. Il Corriere, in generale, sostenne di non badare a notizie riguardante il gossip e difese (in maniera sottile) il Cavaliere, mentre il secondo, tra le sue pagine, e per diverso tempo, apparvero dieci domande rivolte al Premier su come e quando e se avesse avuto rapporti sessuali con la minorenne all'epoca. I due blocchi attuarono quel tipo di politica in cui venne tralasciato un piccolo particolare, che poi era la notizia principale che accantonarono entrambi per dar spazio al gossip e facendo un regalo al Cavaliere, dandogli fiato e distrarre l'attenzione su di un fatto principale che lo riguardava da vicino: quello del caso Mills.
Che i due maggiori quotidiani si sfidino a duello sta a significare che l'informazione, la notizia, il fatto, è un optional per dare invece spazio alla guerra del difendi/attacca, ed è proprio per questo che un giornale normale come Il Fatto quotidiano viene visto male da molti, proprio perché le notizie le da, ed ormai è proprio questa la cosa strana, ossia, che un giornale faccia informazione a serivizio del lettore con onestà intellettuale. Il Fatto, è un normalissimo quotidiano come un tempo c'erano in Italia, con la differenza che non ricevendo alcun finanziamento pubblico come Repubblica e il Corriere (vive grazie agli abbonanemnti e alle copie vendute) ha più libertà di scrivere e fare inchieste che vanno a toccare diversi interessi.
Il Paese Italia, anche nella carta stampata, è quindi anch'esso diviso in due blocchi, e più che Nazione o Stato sembra essere diventato una Holdig S.p.A. in tutto e per tutto. Solo che il giornalismo è cosa seria, e se la notizia non appare, sostituita da impressioni e tutela degli interessi economici, sarebbe quantomeno decoroso sostituire il termine quotidiano con un altro, ad esempio: Organo di tutela politica ed economica. Con in più, una piccola nota a margine: "Se cercate la notizia, il fatto o l'inchiesta: comprate un quotidiano".

La penisola da nord a sud

L'Italia è un paese spaccato per via del bipolarismo, espressione di quell'assurdo blocco contrapposto che si rifà alla destra e alla sinistra (come abbiamo scritto recentemente nell'articolo sull'argomento). Ma è ancora più visibilmente diviso e "combattuto" per la questione del nord e del sud. Il primo rivendica la sua totale ricchezza, che grazie ad essa, nel corso degli anni, ha "mantenuto" il secondo, povero e invaso dalle mafie, senza il benché minimo riconoscimento nei suoi confronti. Devo ammettere che parecchie volte, le classi dirigenti facenti capo al sud, anziché smuoversi e fornire strumenti necessari per combattere la criminalità e il degrado che vige in alcuni luoghi , con la scusa delle loro condizioni hanno piagnucolato spesso, facendo le vittime, restando di conseguenza immobili, aspettando chissà che cosa, forse il Messia o la Divina Provvidenza manzoniana che gli portasse sostegno una volte per tutte, danneggiando così e isolando i membri di quella classe meridionale che invece con le mani in mano non voleva stare. Le mafie è vero che nel sud Italia dominano su quasi tutto il territorio, è vero che è più povero rispetto al nord, che la disoccupazione è più alta, che il problema dei rifiuti c'è ed è notevole, ma è un dato di fatto che il nord ha raccolto a sé le quattro mafie grazie alla connivenza di una fetta notevole della sua popolazione che, compiacente di arricchirsi le ha dato il lascia passare su tante cose durante il corso degli anni, senza mai denunciare alcunché agli organi competenti. E' grazie ad alcuni cittadini del nord che le mafie dominano su Lombardia, Piemonte, Liguria, Emilia Romagna e Veneto. Ma c'è una cosa che differenzia il sud dal nord su tutte: lo stato di paura, perché che ben si voglia dire a proposito del meridione, questo sintomo è di gran lunga meno presente nello spirito della gente rispetto a quello che c'è nel nord. Vediamo perché. Nei grandi centri del nord le strade notturne sono assai deserte: la gente avendo paura si rintana nelle proprie case a guardare la televisione, mentre al sud per la strada, la sera, circola liberamente e in modo quantomeno più sereno e tranquillo. Al sud, i ragazzi non hanno pretese megalomani, hanno altro a cui pensare che diventare il Fabrizio Corona della situazione o una letterina da programma d'intrattenimento. I giovani cercano di stare bene e non si vanno a creare problemi che non hanno, e quindi una serata in compagnia tra amici con una bottiglia di birra in mano e quattro chiacchiere va sempre bene. Al nord invece guai se non si va in discoteca, se i capi che si indossano non sono firmati, se la tua ragazza non è "figa" e il tuo moroso non possiede la bella macchina da sborone. Il nord, prevalentemente ha ucciso il sentimento, mentre al sud, nella maggior parte dei casi è presente assiduamente, come il rispetto verso gli anziani, coloro che detengono il sapere perché hanno vissuto, visto e assorbito a lungo. Al sud sono ancora presenti sterminate praterie in cui la natura domina, mentre al nord sono ricoperte dal cemento dei prefabbricati e dei centri commenricli. Al nord la cultura contadina è estinta, mentre al sud anche se marginale, combatte e si fa ancora vedere che lotta come può e con tutte le sue forze.  Al sud il contatto umano e la buona educazione vivono ancora, mentre al nord si ragiona con la prepotenza del più forte sul debole.
Al sud gli extracomunitari (quasi tutti clandestini) vengono rispettati dai cittadini e ricambiati a loro volta, e quelli che vendono abusivamente i cd pirata tra le bancarelle dei mercati, vengono coperti dai negozianti in caso di controllo dei vigili. Non si tratta di agevolazione di truffa, è solo buon senso civile, perché è inutile andare a danneggiare dei poveri cristi che tentano di lavorare per mangiare, e questa è una cosa che la gente del sud, che conosce la povertà, capisce, comprende e agisce di conseguenza (cosa che non potrebbe mai concepire il direttore de Il giornale Alessandro Sallusti che considera i poveri che non riescono a pagare il mututo dei falliti). E' quindi naturale porsi alcune domande in merito: E' più pericoloso andare in giro di notte per Taormina o per le strade di San Giuliano Milanese che non si può nemmeno definire paese in quanto ghetto di comunicazione per lo smistamento della droga? E' un luogo sicuro San Giuliano vicino Milano? Conserva monumenti? E gli abitanti come sono? Escono la sera?
La sera, la gente di Sassuolo di Modena, culla delle mafie, esce di più rispetto a quella di Lucera nelle puglie? Trani è un luogo meno sicuro oppure no rispetto a una città come Padova, dove la popolazione è intimorita dagli immigrati cui una parte è dedita alla delinquenza e allo spaccio della droga?
Stesso discorso vale per Milano: è serena la gente mentre cammina la sera per strada rispetto a chi lo fa invece a Catania?
Gli immigrati al sud sono più civili rispetto a quelli residenti al nord perché questi ultimi vengono sfruttati da alcune imprese che li mette a lavorare in nero per tenere bassi i costi di manodopera.
E proprio i padroni di quelle imprese sono coloro che in pubblico li denigrano e offendono partecipando alle fiaccolate contro essi e votando per la Lega Nord. Gli immigrati di conseguenza, sentendosi oltre che sfruttati, derisi, adottano comportamenti poco civili (anche se generalizzati) nei confronti della popolazione che li "ospita", adottando un reciproco sentimento di tipo razzista che danneggia la convivenza, cosa che al sud è meno presente.
Con questo non voglio dire che al sud si sta bene e al nord invece no, ma che forse entrambi, dovrebbero adottare il meglio dell'altro per fare la forza e unirsi una volta per tutte, perché questo Paese è uno solo, e una parte di esso, senza l'altra, non andrebbe da nessuna parte, non esisterebbe.
Continua...

Migliori film 2000/2010


1-Goodbye Lenin (Wolfgang Becker)
2-La meglio gioventù (Marco Tullio Giordana)
3-Canone inverso (Ricky Tognazzi)
4-Magdalene (Peter Mullan)
5-The millionaire (Danny Boyle)
7-Il pianista (Roman Polanskj)
8-Piccoli affari sporchi (Stephen Frears)
9-Traffic (Steven Solderbergh)
10-Million dollar baby (Clint Eastwood)
11-Le ceneri di Angela (Alan Parker)
12-American beauty (Sam Mendes)
13-Mystic River (Clint Eastwood)
14-Amoresperros (Alejandro Gonzàles)
15-Il gladiatore (Ridley Scott)
16-American History X (Tony Kaye)
17-Lantana (Ray Lewrance)
18-Crash "contatto fisico"(Paul Haggis)
19-My name is Joe (Ken Loach)
20-Love + Hate (Samina Awan)
21-Sweet Sixteen (Ken Loach)
22-The snatch "Lo strappo" (Guy Richie)

martedì 28 dicembre 2010

La destra è una cosa seria

La destra italiana, quella politica, è un'invenzione. Non esiste. Esiste la coalizione che si colloca nel centro-destra, il che è tutt'altra cosa. Perché quella rappresentata da Berlusconi e i suoi stretti sodali non è destra e neppure sinistra (ci mancherebbe), ma un groviglio di affaristi spregiudicati senza idee e alcuna fede politica, né rispetto per le Istituzioni che rappresentano. Non tutti naturalmente, parlo infatti dei Bondi, dei Brunetta, degli Schifani, dei Formigoni e dei Frattini vari, che sono quelli che contanto. La destra in Italia non è mai esistita, se non tra le file dei missini, che però rappresentavano  esplicitamente il proseguimento degli ideali facenti capo a quelle del fascismo. L'idea di una destra liberale e democratica non è mai stata inserita e raggruppata in un partito vero e proprio, si è solo identificata in alcuni grandi uomini che hanno fatto la storia del secolo scorso: Luigi Einaudi, Giuseppe Prezzolini, Indro Montanelli. Uomini perbene che avevano rispetto per le Istituzioni e di conseguenza del Paese. Questa destra è stata solo sfiorata e mai stata concreta a livello istituzionale. E una destra montanelliana potrebbe stare al Governo tranquillamente con le sinistre, in modo tale da avere una larga fetta che rappresenti buona parte dei cittadini italiani. Con l'avvento del berlusconismo (che è tutto fuorché un'ideologia di destra) si è fatta opinione comune che la destra sia l'espressione malconcia dei comportamenti anticostituzionali rappresentati dal Sire di Arcore e spalleggiati dai suoi cortigiani. Perché una destra liberale vera e pura non denigra i servitori dello Stato né i magistrati, ma vi porta rispetto e stima nel lavoro delicato che svolgono in nome della legge e della Costituzione. Questa destra (si fa per dire) invece, rappresentata perlopiù dal Pdl e La Lega alle volte, ha la predilezione a difendere i grandi criminali, mentre poi si vanta di dare la caccia ai poveracci. Elogia magistrati quando incriminano piccoli spacciatori e ladruncoli mentre li attaccano quando un potente di turno viene messo sotto inchiesta. No, la destra non è tutto questo, è una cosa seria, per questo un Governo che sia tale non mi spaventerebbe, perché avrei la garanzia, come cittadino, di essere tutelato, e anche bene. Una destra liberale è pronta al dialogo, e proprio per questo potrebbe governare assieme a una sinistra decorosa (che non è quella italiana) in modo tale da rappresentare tutti i cittadini, e non una parte. Una destra rappresentata da Gasparri e La Russa sì che fa paura e incute timore, perché sono personaggi che a guardarli in faccia dicono tutto, anche di più di quando non aprono bocca. Anche l'ex Presidente della Repubblica Oscar Luigi Scafaro è da sempre uomo di destra (a differenza di ciò che si dice e cioè che sia di sinistra solo ed esclusivamente perché difende a spada tratta e giustamente la Costituzione e le leggi dello Stato italiano). Il Presidente Emerito ai tempi, faceva parte della Democrazia Cristiana,  militanto nella corrente più conservatrice del partito. Un uomo che non ha mai arrecato timore alcuno, anzi, durante il suo settennato ha mostrato fermezza e rispetto nella difesa delle Istituzioni tutte e proprio per questo fu bollato dai berluscones come sovversivo (roba da non credere). Un uomo cui come cittadino posso dire di essermi sentito garantito, tutelato e rappresentato perché persona pulita, capace, integerrima.
Se la destra, quella di Prezzolini, Einaudi, Montanelli e Scalfaro stesse al Governo, si potrebbero dormire sonni tranquilli perché odorerebbe di pulizia, e bisognerebbe essere lieti di esserne rappresentati, mentre questa, che si rifà agli affari qualunquisti di sua Emittenza, spalleggiata dai sotterfugi di una sinistra falsa, senza regole e indisciplinata qual è, credo sia normale che disturbi il sonno dei cittadini, perché da un momento con l'altro, può distruggere come han già fatto sapientemente in stile bypartisan le regole della società, tentando di continuo di stravolgere la Costituzione e abbattere lo Stato di Diritto, in un chiaro e perfetto stile piduista.

venerdì 24 dicembre 2010

Il bipolarismo sul viale del tramonto

Il bipolarismo italiano, da quasi diciassette anni, è stato uno strumento inefficace e inadatto per il nostro Paese, perché ha contribuito a spaccarlo e a dividerlo sempre di più. In Italia se si parla di politica non si può fare a meno di chiedere l'uno con l'altro: "Sei di destra o di sinistra"? Una domanda priva di fondamento perché non sta a significare nulla, anzi una sì, a dividere. Prima di questo sistema, vigeva il proporzionale, in cui non occorreva che i partiti corressero alle elezioni divisi in due blocchi contrapposti che si sfidavano e che già in partenza avevano il leader principale candidato come futuro Premier. Ogni partito correva alle elezioni, e poi, una volta ottenute i risultati, i rispettivi leader dibattevano grossomodo su chi volesse partecipare all'esecutivo per poi far ricadere la scelta del Presidente del Consiglio sula persona più indicata con il lascia passare del Capo dello Stato. Era una forma di governo allargata, quasi una grande coalizione che si estendeva verso quasi tutto il Parlamento, un qualcosa che unificava i cittadini alla partecipazione della vita, e non solo a quella politica.
Ora invece con questi due blocchi si ha una spaccatura ancora più netta in tutta l'Italia. Sono nati Governi pessimi e malgestiti, e forse l'unico Presidente del Consiglio che ha fatto meno peggio rispetto ad altri è stato Romano Prodi, ma non basta.
A carte scoperte e rispetto ad oggi, era molto meglio un governo composto da Forlani che da D'alema, era molto meglio Giulio Andreotti Ministro degli Esteri rispetto a un Frattini o un Martino. Era molto meglio sapere che un partito socialista stesse a sinistra piuttosto con la casa delle libertà (che tra l'altro non è di destra, ma solo affarista). Il sistema bipolare è una sindrome che abbiamo adottato dagli Stati uniti d'America, dove i candidati Premier sono solo due persone che si contedono e si giocano la partita finale come meglio possono fino alla vittoria. Ma negli Usa, proprio perché Stato grande e vasto quanto un continente e privo di storia, un sistema del genere può essere sì adottato, mentre invece in Italia, culla di una cultura che va (o andava) dal nord al sud e viceversa, ci vorrebbe un metodo più ampio che raccolga tante voci messe insieme per creare l'unione dei popoli sparsi sul nostro territorio. Ma forse, il ritorno a tutto questo non è impossibile visto bene che il bipolarismo ha indebolito non solo le istutuzioni, che prima in confronto ad ora erano massicce (il che è tutto dire), ma anche l'uomo e la sua spiritualità emotiva. Non solo è una mela marcia questo sistema per noi, ma è anche un fallimento in tutto e per tutto, e lo si capisce quando forse, anche se a passi lenti, lo si "vede" camminare a capo chino, quasi vergognandosi. Che sia sul viale del tramonto?

Il "bertinottismo": Rischiose abitudini

E' una filosofia di vita. Un modo di pensare e comportarsi. Uno dei più snob e con la puzza sotto al naso che ci sia. Il "radical chic" de noattri e d'avanguardia contemporanea: il "bertinottismo". Questo "movimento" non può fare altro che rifarsi alla persona di Fausto Bertinotti, storico leader e segretario del Partito della Rifondazione Comunista (Prc). Persona dai tanti discorsi condensati da mille e belle parole, che gira e rigira, non ha mai detto nulla di concreto se non quello di rigirare la frittata in tanti modi. Bertinotti ha dimostrato diverse volte di non avere a cuore i problemi del paese, e la prima dimostrazione la si ebbe quando nel 1998 tolse la fiducia al Governo Prodi (che il partito sosteneva dall'esterno) facendo così un regalo a Berlusconi e D'Alema, che sostituì il Professore per quasi due anni a Palazzo Chigi, giusto in tempo per cacciare un rifugiato politico dall'Italia quale Ocalan (violando così il diritto di asilo politico che è scritto nella Costituzione italiana) e bombardare il Kosovo. Ma Fausto Bertinotti è ancora e molto di più. Dopo aver tolto la fiducia a Prodi, una parte del suo partito non in linea con lui, si spaccò e diede vita al Partito dei comunisti italiani (PdCi), e in contemporanea. cominciarono le sue ambigue frequentazioni assieme alla moglie, di alcuni salotti romani, di personaggi come Valeria Marini e diverse e varie ospitate nella trasmissione Porta a porta di Bruno Vespa, dove veniva sempre trattato con garbo, lasciato parlare per ore, senza mai essere interrotto. e quasi sempre riempito da complimenti da parte di tutti gli ospiti nonché dal conduttore stesso.
Nel 2001, in campagna elettorale, scelse di non partecipare alla coalizione dell'Ulivo, ma di correre da solo col suo partito alle elezioni politiche, regalando il Paese nelle mani di Berlusconi. Dopo cinque anni però, probabilmente resosi conto del danno enorme al quale aveva contribuito, decise di appoggiare il progetto di Romano Prodi e del centro sinistra de L'Unione che vinsee le elezioni, diventando egli stesso Presidente della Camera dei Deputati, dopo aver fatto la ragazzina isterica pur di ottenere quell'ambita poltrona.
Pur ricoprendo una carica super partes, intervenne più volte criticando il Governo e la coalizione cui faceva parte, facendo capire di non saper proprio rappresentare per niente una carica istituzionale di rilievo.
Una volta caduto il Governo Prodi a causa di Mastella ed altri voltagabbana, alle elezioni politiche del 2008 venne candidato Premier dalla coalizione della Sinistra Arcobaleno, che corse da sola, che però non riuscì a raggiungere il quorum sufficiente per ottenere seggi in Parlamento, restando quindi sconfitto.
Dopo questo fallimento decise di ritirarsi dalla scena politica ufficiale, lasciando però il segno indelebile di una eredità raccolta da alcuni suoi sostenitori, uno su tutti Nichi Vendola. Egli, poco dopo l'addio dell'ex storico segretario, si propose come successore al congresso del partito che però perse democraticamente nei confronti di Paolo Ferrero. Non accettando questo, provocò l'ennesima spaccatura nel partito stesso e ne uscì sbattendo la porta assieme ad alcuni suoi fedeli, dando vita a Sinistra ecologia e Libertà.
Per l'ennesima volta si creò una divisione nel partito, figlia del bertinottismo cazzaro che ha la vocazione di metttere disordine nelle cose: dividere anziché unire. Ed è proprio questo che Vendola ha fatto e continua a fare, solo ed esclusivamente perché non accettò i risultati di una semplice e democratica elezione che non lo vide vincitore.Vendola appare come una prima donna, ma se non accetta le regole democratiche di un congresso, come potrebbe fare a rispettare quelle più in grande?
Da rilevare che alle elezioni per il Parlamento europeo nel 2009, per raggiungere il quorum sufficiente, bisognava raggiungere almeno il 4% dei voti. Sinistra e Libertà e Rifondazione comunista (cui nel frattemo il partito dei comunisti italiani è tornato a inglobarsi) correndo separatamente non riuscirono ad arrivare alla meta richiesta, mentre invece se fossero corse assieme avrebbero superato più del 5% dei voti se non di più.
Come si vede questa vocazione e propensione al bertinottismo non scompare, sembrava che con l'uscita di scena di Bertinotti stesso si fosse estinto. E invece no. Chi semina, del resto, raccoglie.
Da ricordare inoltre che lui stesso prima che comunista, da ragazzo militò per tanti anni, prima di accedere al vecchio Pci e poi Prc, nel partito socialista italiano e poi partito socialista di unità proletaria: era quindi a quanto pare, un socialista a tutti gli effetti, che si rifaceva alla corrente della sinistra guidata da Riccardo Lombardi. Ma Bertinotti di socialista  ha dimostrato di non avere nulla a che fare, forse è semplicemente un mite parlottiere che ama i sigari e parlare di Che Guevara nelle fredde poltrone di seta dei salotti dei ricchi personaggi importanti della Roma bene. E infatti nella sua vita politica ha solamente creato disastri e danni, come i cinque anni che vanno dal 2001 al 2006 in cui regalò la vittoria e cinque anni di Governo a Berlusconi, permettendogli di fare e strafare di male in peggio i porci comodi suoi. E' un uomo di divisione Fausto Bertinotti, quindi che non ama il prossimo, perché per poterlo fare, per poter mettersi a servizio di tutti i cittadini e soprattutto per ricoprire cariche pubbliche di rilievo, bisognerebbe invece unire.  Tutti quelli che sono figli del bertinottismo che incombe e lascia segni, dovrebbero essere messi da parte da chi vuole rimettere in sesto il paese. Mentre loro (i bertinottiani), astutamente, coi loro bei discorsi, vorrebbero che la situazione fosse sempre così, ferma restante immobile, per poterci navigare indisturbati...e così sia...Rischiosa abitudine ahimè...

Cronaca di una strage annunciata

Avrei voluto scrivere una breve cronaca di una giornata di assemblea, mi ritrovo a scrivere di un uomo.
Anzi, di due.
In una Bologna infreddolita di un sabato di dicembre in un’aula universitaria.
Cappellino nero calcato, visiera calata a coprirne quasi l’intero volto, non degna di uno sguardo la platea, mastica nervosamente e tiene in bocca sigarette spente che non può accendere.
Massimo Fini ha una brutta fama perchè incute timore dicendo e scrivendo, da sempre, esattamente quello che pensa. E anche perché ha un caratteraccio che rasenta la misoginia.
Dopo oltre 5 ore di assemblea non ha ancora aperto bocca: è una sfinge. Calamita l’attenzione di tutti restandosene zitto, senza mai guardare i compagni di banco e senza applaudire nessun intervento. A tratti viene raggiunto da qualche fedelissimo, parlotta, si alza, ritorna al suo posto, defilato sul lato destro.
Si intuisce che la bomba a orologeria è innescata e che l’incedere della strage è già sul punto di non ritorno. Sono passate le 15,30 e, dopo un intervento di Giulietto Chiesa a sostegno della Costituzione Italiana, entra in scena il fuoriclasse, il Massimo Fini che non ti aspetti.
Anzi sì.
Il provocatore consapevole, sottile, che inocula il germe del dubbio anche in chi ritiene di avere certezze granitiche. Che è poi una delle caratteristiche dei fuoriclasse.
La platea esplode, si indigna e plaude, si divide e si riunisce ma nessuno fugge per lo sdegno. Si resta seduti anche dopo la strage, dopo la carneficina annunciata: si sapeva di andare incontro al massacro.
Ci pensa Maurizio Pallante, bravissimo, a calmare gli animi e ricompattare il gruppo Uniti e Diversi: prima di arrivare qui non credevo a questo slogan ma ora ho visto che può funzionare.
Massimo Fini vuole creare un partito uscendo dalla Costituzione: forse lo sapevamo già ma è come se lo ascoltassimo per la prima volta.
E forse non lo volevamo ascoltare: anche in questo sta la grandezza di un fuoriclasse.
Non ama le etichette, non ama le appartenenze sociali (figurarsi quelle politiche) e non ama paragoni.
Ma Massimo Fini ha proseguito il cammino di Indro Montanelli in quell’avanguardismo anarcoide che l’estrazione liberale non consentiva al grande vecchio toscano.
E che molto bene sta portando avanti, in versione politically scorrect anche Marco Travaglio, che di Montanelli fu prodigo figlioccio.
Sono dubbioso ma voglio scendere per conoscere di persona l’uomo.
Chiedo consiglio all’amico professore Luciano, mi dice che secondo lui non è giornata.
Scelgo lo stesso di rischiare tanto oggi sono già morto una volta: decido di avvicinarmi.
“Dr.Fini, la vorrei salutare” mi presento anche a nome di Movimento Zero, sezione di Ravenna.
Lui si alza sorpreso, abbozza un timido sorriso e mi dice due parole, con il tono del vecchio amico ritrovato : “Oh,ciao!”.
In sei lettere c’è tutta un’umanità, un mondo. Quello delle ideologie che ci accomunano, certo, ma soprattutto quello degli uomini, di due uomini.
Il maestro irriverente e scomodo e l’allievo attempato, incompetente e presuntuoso.
Parliamo pochissimo , il mio imbarazzo è evidente e mi ricorda l’ approccio che ebbi, da ragazzino, di fronte al gigante delle montagne, Mario Rigoni Stern.
Avrei voluto scrivere una breve cronaca di una giornata di assemblea: forse lo farò.
Ma oggi ho scritto di un incontro. Di quelli che si contano sulla punta delle dita.

ALESSANDRO BRAVELLONI



Ps. Abbiamo pubblicato questo post che è stato scritto da un nostro lettore, e lo facciamo con piacere. E' una sorta di omaggio al giornalista scrittore Massimo Fini, uno dei migliori che ci sono in Italia. Autentico ribelle dei nostri tempi.

giovedì 23 dicembre 2010

Nel veder cogliere i tuoi capelli, ho capito che tutto è relativo


Nel veder cogliere i tuoi capelli, ho capito che tutto è relativo...

Beata sia la giovinezza che se ne va
beata che s'arposa su di un campo di sterpaglie e di sassi
lungo un fiume che scorre tra i rami insecchiti
tra il fruscìo di animali che corron nei boschi.
Dove tutto finisce ha iniziato la vita
dove tutto ritorna in cui tutto riemerge
in cui nulla è finito ma finita è la scia
che cullarti nel grembo t'ha portato nel tempo.
Nelle facce i colori si son persi e dispersi
son sbiaditi e ingialliti poi si sono incupiti
dal futuro anteriore si prospetta il presente
quello fatto di nebbie e di nuvole grige.
Quelle nuvole stesse che impediscon la vista
della luce assopita che rimane in prigione
che privata di vita racchiude il bagliore
nella libera scelta di darti il sapore.
Il sapore di vino che hai sulle labbra
che conservi e ripassi lungo fogli e richiami
nelle pagine scritte e che scrivi in corsivo
per sorreggerti ancora e sentir che sei vivo.

Il carcere non riabilita

Il carcere, da che mondo e mondo, non è un luogo che riabilita. Chi ruba tramite banca, corrompe, è corrotto, è mandante di omicidi "eccellenti", è un politico in odor di mafia, trucca le gare d'appalto ecc ecc..non vi sarà mai condotto, se non per un breve periodo. Successivamente, tramite agganci potenti cui sono aggrappati, riusciranno a trovare cavilli giuridici e ne usciranno indisturbati. Da contare che poi, durante il loro soggiorno godranno di tutti i privilegi possibili, quali connessione a internet, telefono, cellulare, televsione con parabola per potere vedere le partite eccetera eccetera. Nelle carceri vengono condotti i piccoli ladruncoli, i poveri, gli emerginati, i ceti più disperati come i tossicodipendenti che rubano perché si trovano a fare i conti con le crisi d'astinenza. E lì in carcere non trovano un ambiente che li aiuti a riabilitarsi e trovare una soluzione ai propri problemi per quando un giorno ne usciranno. Al contrario, faranno quasi sempre incontri che li porteranno in una via peggiore rispetto alla quale erano stati condotti prima. Da sottolineare che è uno scandalo sapere e fare finta di niente, che in quel luogo si consumano violenze di ogni tipo, anche sessuali, che chi ruba una mela (per fare un esempio) viene messo in celle o in bracci assieme a criminali quali stupratori e assassini. E' giusto che chi ruba per mangiare perché non ha soldi per campare venga condannato e portato in carcere? E' altrettanto giusto che Cesare Previti, che ha corrotto dei giudici, comprandosi così una sentenza, invece ne resti fuori bello bello vivendo nel centro di Roma, prestando assistenza ai servizi sociali? Pensate un po', Cesare Previti, condannato per corruzione di giudici, presta assistenza ai servizi sociali. E' corretto? Oltretutto il carcere l'ha visto solo di sbieco, e magari in una cella singola, mica coi criminali comuni. Mentre invece, ribadisco, il poveraccio che ruba la borsetta alla vecchia (che è sempre un crimine) per comprarsi una dose e non cadere in astinenza, anziché venire aiutato dallo Stato viene danneggiato da esso portandolo in carcere dove sicuramente uscirà facendo ancora peggio di quando vi era stato condotto. Cesare Previti è l'esempio lampante del corruttore impunito spavaldo che a testa alta con orgoglio l'ha messo a tutti in quel posto. Può godere di una semi-libertà che è uno schiaffo in faccia alla gente perbene e ai poveri che per vivere rubano il pane e finiscono in galera al posto suo.
E' giustizia questa? La legge è uguale per tutti, o la legge è più uguale per l'ex Ministro della Difesa ed ex Senatore avvocato Cesare Previti?
Il carcere non è un luogo di riabilitazione, tutt'altro. E' una fossa comune, dove gli indifesi e i poveracci vengono annientati dal potere che gestiscono i criminali più spregiudicati e sanguinari. E' un porto franco, che ha leggi e regole da rispettare. Dove i secondini (salvo i casi gravi in cui alcuni sono corrotti e complici dei criminali stessi) fanno del loro meglio per gestire la situazione non facile che vige all'interno.
Che si dica e ridica il carcere non riabilita niente e nessuno, e l'indulto non è stata e non è tutt'ora la soluzione da adottare a riguardo, infatti con la scusa di dare clemenza ai carcerati si è aggirata la cosa per fare un favore ai potenti di turno. Uno su tutti, indovinate chi? Ma sì, l'ex Senatore Cesare Previti.

mercoledì 22 dicembre 2010

Tutto sommato, va bene così

"Tutto sommato, va bene così". Quante volte si è sentita dire questa frase come risposta ad un interlocutore che si lamentava dei disastri che incombono nel nostro Paese. Del resto, a molte persone, certe cose "strane" è bene comune che ci siano, non è poi così male. Non importa che la corruzione dilaghi, che le mafie intensifichino sempre più il loro potere allacciato con la politica, la quale senza nemmeno giustificarsi afferma: "E che c'è di male, i pregiudicati se si frequentano non è poi nulla di che. L'importante è non comportarsi come loro". Questo aumma aumma procede quotidianamente nel villaggio "tutta una pasta" (come direbbe Piero Ricca). Quante volte viene detto ai cittadini, in special modo ai giovani, di stare buoni, che tutto passerà, che bisogna fare finta di niente, pazientare, persino pregare. Ma pregare per cosa? Coi se e coi ma non si risolve proprio niente, e la fede spirituale è l'ultima da adottare in questi determinati casi.
Ci sono anche altre persone che nonostante siano indignate dal Sistema Italia, si trovano ad essere rassegnate alla convivenza forzata del motto: "Ci sarà Cosa Nostra, ci sarà la Camorra, ci sarà la N'drangheta, ci sarà la Sacra Corona Unita, ma l'Italia è sempre bella". Tipica frase da tarallucci e vino e fiera del luogo comune. Tra l'altro l'Italia sempre bella è un po' uno sfottò, visto che il nostro territorio è deturpato dal cemento e il giardino d'Europa (come un tempo era chiamata) non è più solo un ricordo nostalgico e rabbioso, ma si è trasformato lentamente in un lager vero e proprio. Siamo diventati il Paese della barzelletta che raccontiamo a noi stessi, e se veniamo accostati qualche volta a pizza. mandolino, sole, cuore e amore è una punizione e la condanna che meritiamo. Tranne che da parte degli Usa però. Loro come Stato non debbono criticarci in nulla visto che siamo da anni sottomessi da loro stessi a causa dell'appartenenza alla Nato, e pure adesso che il comunismo e la guerra fredda sono estinti, i nostri governanti ne sono succubi ugualmente. In più, non è un Paese che dovrebbe criticare noi perché se si guardasse bene, si accorgerebbe di essere peggio di noi al doppio dei risultati. In America infatti, se un Presidente di Stato conduce un ottimo lavoro, serio e pulito a servizio della Nazione, e poi si scopre che va a letto con cani e porci, quasi tutta la popolazione urla allo scandalo e sarebbe costretto alle dimissioni forzate. Da ricordare che Clinton venne processato per aver avuto un rapporto sessuale con Monica Lewinsky. Sempre negli Usa, vige la favoletta del presidente Kennedy con moglie e figli al seguito, famoso e celebre perché ritratto nel bel quadretto di famiglia. Quando proprio Kennedy ebbe diversi contatti e rapporti con ambienti mafiosi e diede inizio alla guerra in Vietnam, lasciando nel tempo un'impronta raccolta da Jimmy Carter, e dai due Bush. Questo per dimostrare che quella Nazione bada più all'immagine pubblica che al concreto, al sodo.
Un paese che a causa dello scandalo Watergate, che in confronto a quel che succede in Italia è roba da poco, un Presidente del calibro di Richard Nixon è stato mandato a casa, dopo aver fatto terminare lui il conflitto vietnamita, e riallacciato buoni rapporti con la Cina di Mao e l'ex Unione Sovietica.
Un paese che di conseguenza non ha nulla da insegnare a noi visto che rispecchia la spocchia, la falsità, adottando qualsiasi forma di violenza nel voler imporre il proprio modello di democrazia in altri paesi con la forza della guerra, quindi con la morte. Certo, col tempo a furia di andarci a braccetto ed essendone succubi abbiamo sposato i loro costumi, ma non fino in fondo per fortuna.
Per tornare a essere noi un Paese civile e normale bisognerebbe affrontare la situazione di petto, smetterla di essere permissivi nel lascia passare il calpestare dell'etica, protestare civilmente ma con fermezza, accantonare il compromesso, perché tutto sommato l'Italia no, non va bene così, e coloro che sostengono il contrario sono i maggiori responsabili del degrado sociale, complici diretti del tumore che ci affligge e che sta diventando cancro. E' anche grazie ai personaggi che col loro slongan:"Che ci vuoi fare, tengo famiglia" che ci troviamo in enorme difficoltà. E con l'omertà che vige soprattutto nel nord Italia che si va sempre peggio, che sostiene il falso, che tutto sommato va bene così, perché l'Italia è bella e si sta bene.
E invece no, in Italia si sta male, e non tutto sommato, ma completamente. Completamente sì, non va bene così.

martedì 21 dicembre 2010

Enzo Bearzot: Addio a un maestro di un calcio oramai estinto

E' morto oggi a Milano l'ex Commissario tecnico della Nazionale italiana di calcio Enzo Bearzot. Aveva ottantatre anni. L'Italia con lui vinse i mondiali di calcio in Spagna nel 1982, qualla che io considero l'ultima vittoria per la coppa del mondo della nostra nazionale, quella del buon calcio, quella in cui come capitano figurava un uomo del calibro di Dino Zoff e non Fabio Cannavaro. Il Vecio (come affettuosamente veniva chiamato) o il signore con la pipa, ci mancherà. Mancherà di poter sapere che da qualche parte, ogni tanto, lo potevi ascoltare parlare di calcio e ricordare le imprese della nazionale che aveva guidato per tanti anni. Mancherà vedere la sua stazza e la sua espressione di uomo gentile e cortese, la sua umiltà di farsi da parte perché non accettò le regole del nuovo calcio spettacolo, che incombeva alla luce grazie anche e soprattutto al Milan di Arrigo Sacchi che cominciò, attraverso il Cavalier Berlusconi, a rovinare il calcio intero, facendo agonizzare, e poi morire per sempre la nazionalpopolarità di questo sport e la sua tipica e gloriosa marcatura a uomo. Enzo Bearzot  vide molto prima di tutto e di tutti, e vide oltre, lontano, e proprio per questo decise di ritirarsi dalla panchina, lasciando però un segno enorme nella storia. Una storia immortalata negli scatti fotografici  in cui subito dopo il fischio finale che decretava  la nostra vittoria al mondiale '82 contro gli avversari tedeschi, ritraggono il Vecio assieme al Presidente della Repubblica Sandro Pertini.
Indimenticabile poi la partita a scopone giocata sull'aereo presidenziale al ritorno dalla finale di Madrid tra Bearzot, Causio, Zoff e il Presidente stesso con tanto di Coppa del mondo sul tavolo, esposta come trofeo.
Ci mancherà sì Enzo Bearzot, mancherà sapere e vedere che una persone onesta, colta e garbata non c'è più, si è assopita con la morte che l'ha sopraggiunto, anche se non verrà mai dimenticato, perchè la storia non si dimentica, e lui ne fa parte. Ci piace infatti ricordarlo così, con il suo sguardo malinconico e la sua pipa in mano, e poi soprattutto nell'abbraccio col Presidente Pertini subito dopo la finale di Madrid. Un abbraccio bello, tra due italiani semplici e puri, due gentiluomini che forse, magari, chissà, potranno ora rincontrarsi e darsi un nuovo e caloroso abbraccio fraterno di stima. Addio...

Avviso al lettore

Avvisiamo il lettore che dato i giorni di ferie che abbiamo in questi giorni, è possibile che il nostro lavoro d'informazione al Vostro servizio vada un po'a rilento. Nonostante questo non mancheremo, non appena possibile, a continuare nel frattempo a contribuire a fornirVi notizie.
Ci scusiamo di conseguenza per alcune mancanze in merito, se codeste dovessero esserci, ma con la promessa di riprendere costantemente al più presto.Non ci siamo dimenticati di Voi.

                                                                                                   Buona informazione a tutti
                                                                                                                   "LaVoce Quotidiana"

lunedì 20 dicembre 2010

Studente avvisato/mezzo salvato

Le dichiarazioni del Senatore Maurizio Gasparri (capogruppo Pdl in Senato) a proposito della prossima manifestazione indotta dagli studenti per il giorno di mercoledì 22 dicembre 2010, in cui ha dichiarato che tra i partecpipanti vi saranno degli assassini per cui ci vorrebbero arresti preventivi, è un monito che gli studenti tutti dovrebbero cogliere e capire profondamente. Questa non è solo una vera e propria minaccia rivolta a loro, ma un affronto in tutto e per tutto, una specie di avviso preventivato. Il che starebbe a significare che se tra coloro che protestano, dovessero scappare atti di violenza e vandalismo, l'esecutivo non ci penserebbe su due volte a colpire (tramite le forze dell'ordine che saranno lì a presidiare i cortei) con tutta la forza e la violenza ulteriore contro chiunque si trovi lì in quel determinato momento. Se ciò dovesse accadere, si farebbe un enorme regalo al Governo e alla maggioranza attuale parlamentare, che non vedono l'ora che accadano incidenti per poter trovare delle scuse e attaccare gli studenti, in modo tale da legittimare i loro provvedimenti legislativi affinché loro stessi non vengono accusati di non dar contro al parere contrario degli stessi: illegittimare per legittimare. Il consiglio che noi come blog, anche se piccolo, diamo a chi protesta, è che se mercoledì alcuni infiltrati dovessero accendere per l'ennesima volta la miccia durante le manifestazioni, che tutti gli altri stiano fermi, e ne prendano immediatamente le distanze e si allontanino da loro, non difendendoli come molti studenti hanno fatto durante le manifestazioni precedenti. Se accadesse il contrario, temiamo che la repressione potrebbe essere ancor più dura e decisa, da poter fare riemergere ahimè, ciò che accadde a Genova durante i giorni in cui si svolgeva il vertice del G8 nel luglio del 2001.
Che si protesti a voce e a testa alta, anche con rabbia, il cui grido venga urlato e giunga a destinazione a chi di dovere, ma che si stia lontano da qualsiasi forma di violenza, anche se minima.
Il nostro messaggio è un augurio a tutti i manifestanti per dire che siamo con loro, che condividiamo le loro lotte di protesta, ma che condanniamo allo stesso tempo qualsiasi iniziativa violenta in proposito.
Ci auguriamo che il nostro appello venga ascoltato, in modo tale, cui noi crediamo, che la loro manifestazione non venga raggirata per l'ennesima volta adottando scuse varie dai membri e sostenitori dell'esecutivo, i quali hanno già dato a tutti un preavviso a parere mio importante e pericoloso: studente avvisato/mezzo salvato. Che non si faccia il loro sporco gioco. Avete una buona occasione, non sprecatela.
Buona fortuna. "LaVoce Quotidiana".

sabato 18 dicembre 2010

Risposta ad Alessandro Sallusti

"A trentasette anni, se non riesci a pagare un mutuo, vuol dire che sei un fallito". Questo, è ciò che ha detto il drettore de "Il giornale" Alessandro Sallusti, durante la trasmissione Exit, condotta da Ilaria D'Amico su La7.
Credo sia facile per lui parlare in un determinato modo quando si trova ad essere strapagato per difendere e giustificare a spada tratta, tra le colonne del quotidiano che dirige, i disastri che il governo rappresentato dal
Cavalier Berlusconi (suo padrone e datore di lavoro) infligge ai cittadini più deboli, quindi indifesi, giorno per giorno.
Sostenendo tale tesi, dimostra di non conoscere affatto la situazione drammatica che l'Italia sta vivendo pesantemente negli ultimi tempi, e stupisce ancora di più che un giornalista come lui, direttore di uno dei giornali più famosi del paese, non sappia quanto sia difficile per chi prende un misero stipendio, stare al passo coi tempi per mantenere il proprio sostentamento.
Fa piacere sapere che Sallusti abbia una casa per la quale riesce a pagare le spese in maniera tranquilla. Fa ulteriormente piacere che non si senta un fallito a differenza nostra, che coi nostri sacrifici, personalmente, stringiamo i denti contro la crisi che incombe, non ci piangiamo addosso e reagiamo di conseguenza confidando nelle nostre uniche forze. Ciò che a noi ragazzi trentenni (che facciamo fatica a pagare il mutuo) consola, è il fatto che a differenza di Sallusti non siamo dei servi pronti a genofletterci e a farci sodomizzare dal padrone potente di turno. Ci differenzia che non consideriamo la povertà un disonore, ma una condizione di sfortuna nella quale ci ritroviamo a vivere. Quindi una situazione che va riconosciuta, affrontata e risolta, perché la povertà non è un fallimento, ma una disgrazia, e nessuna persona, nemmeno un avversario nè tantomeno Alessandro Sallusti, meriterebbe mai di trovarsi a essere. Ciò che lui ha affermato è una cattiveria e discriminazione pesante, è come se avesse detto che i malati e i vecchi sono esseri immondi e inutili perché se non sono capaci di star bene in salute, sono falliti e quindi non meritano di vivere.
Con questo vogliamo dire che se il direttore de "Il giornale" ha l'intenzione di difendere e fare il servo al suo padrone:  l'Onorevole, nonché Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, lo faccia pure, non gli muoviamo una minima critica a riguardo essendo una sua scelta personale, anche se non si tratterebbe di giornalismo, ma servilismo succube e sfacciato. Non accettiamo però gli insulti (e non l'opinione) gratuiti che ha mosso nei confronti dei ceti più disperati e disagiati, altrimenti così facendo si manderebbero al rogo i senza tetto perché, ancora peggio, privi di immobili anche solo per dormire.
Personalmente non sono il tipo che parla assiduamente male del Cavaliere, perchè sarebbe troppo scontato e sarebbe come sparare sulla Croce Rossa, infatti non sono sempre totalmente d'accordo con l'eccessiva satira che continuamente lo prende come spunto, ma se esistono persone che si trovano in situazioni estreme di povertà (anche e soprattutto per colpa del padrone che Sallusti stesso difende a più non posso) è disdicevole infliggergli un' ulteriore e troppo facile batosta.
Dispiace che un quotidiano come "Il giornale" (fondato e diretto da Indro Montanelli, il più grande giornalista di tutti i tempi) sia diventato non solo la mano destra del Presidente del Consiglio, ma la penna infamante che colpisce la parte più fragile della popolazione.
Tutti coloro che non riescono a pagare il mututo ed arrivare alla fine del mese saranno dei falliti, ma almeno non si ritrovano a fare i conti giorno per giorno nel ritrovarsi a scontare le pene dell'inferno per sentirsi il Sallusti di turno, e quantomeno la mattina guardandoci allo specchio saremo rassicurati dal fatto che a testa alta, nonostante tutto, abbiamo conservato un principio findamentale: la nostra dignità umana.

Ps. Per ascoltare l'intervento di Alessandro Sallusti ad Exit, clicca sotto il link
http://www.youtube.com/watch?v=bO8x8FqH7Dw

L'Italia dei valori: dicembre 2010

Un partito d'incongruenze
Non è la prima volta in così poco tempo, che un membro del Parlamento, facente capo al gruppo de "l'Italia dei Valori" di Antonio Di Pietro, cambi casacca improvvisamente in momenti delicati, come quello di martedì scorso, in cui questi votarono la fiducia al Governo Berlusconi, contribuendo così a farlo restare ancora in carica. Il partito dell'ex magistrato si procalama da sempre come il più antiberlusconiano che ci sia, l'unico gruppo che all'interno delle due camere svogle la più massiccia e forte opposizione a Berlusconi e ai suoi. Solo che non si spiega il perché Di Pietro continui a scegliere candidati, e come ripeto non è la prima volta, che cambino casacca da un giorno con l'altro. Gli ultimi sono "sospettati" di essersi fatti corrompere, e questa cosa, certo non giustifica affatto la loro voltagabbanaggine perché sarebbe un comportamento ben più grave nel caso lo avessero fatto di spontaneà volontà. Si è spesso detto che sia Di Pietro stesso a scegliere personalmente i candidati da far eleggere attraverso il voto alle urne, e mi stupisco del fatto che nonostante sia persona scaltra, continui a imbattersi in personaggi alquanto deboli sul piano etico e a volte anche contraddittori. Vi sono in più alcuni fatti che che mostrano incongruenze all'interno di quel partito che non si spiegano facilmente: Elio Veltri, persona onesta e di un passato onorevole, ruppe in polemica con l'ex magistrato, dopo che assieme a lui diede vita al partito, sostenendo che Di Pietro non amasse le persone perbene. Stessa cosa accadde con Giulietto Chiesa, e per ultimo Salvatore Borsellino, che proprio ieri criticò aspramente il partito dell'Idv sentendosi deluso e preferendo prenderne le distanze.
Sembra a questo punto che il partito stesso predichi bene e poi razzoli male, come quando durante l'ultimo governo Prodi, cui faceva parte, scelse di votare contro la nascita di una commissione d'inchiesta sui fatti del G8 di Genova nel 2001, per fare luce sui misteri che vi accaddero.
Scrivo questo con profonda amarezza, visto che spiace vedere un partito che sbandiera la legalità etica, morale, politica e poi tra  i suoi membri si affaccino personaggi in odore di debolezza corruzionale come si sospetta fosse ai tempi Sergio De Gregorio, (Senatore eletto nel 2006 tra le file dell'Idv che poi cambio casacca durante la legislatura), che incalzato da un giornalista de Le iene che nel 2006 gli chiese se fosse stato corrotto visto il suo cambio di bandiera, gli rispose con non chalance: "Non ancora".
Ritengo perciò comprensibile lo sconforto e in qualche caso la rabbia di molti sostenitori del partito, che lo vedevano come una speranza alla lotta all'illegalità, alle mafie e alla corruzione, e che delusi, hanno deciso di abbandonarlo per cercare nuove strade meglio percorrribili
Questo momento che stiamo vivendo è assai delicato, e certi errori purtroppo, anche e soprattutto se fatti in buona fede da parte dell'ex magistrato, non ce li si può permettere. Si spera e si auspica che egli sappia ridare la buona immagine che il suo partito aveva prima di questi ultimi fatti spiacevoli, e che di certo ne hanno minato la credibilità.

Migliori film anni '80

1-C'era una volta in America (Sergio Leone)
2-Il nome della rosa (Jeane Jeacque Annoud)
3-Nuovo cinema paradiso (Giuseppe Tornatore)
4-Arrivederci ragazzi (Louis Malle)
5-L'attimo fuggente (Peter Weir)
6-Toro scatenato (Martin Scorsese)
7-Mission (Roland Joffè)
8-Scarface (Brian De Palma)
9-Voglia di tenerezza (James L.Brooks)
10-Karate Kid "Per vincere domani" (John J.Avildsen) & Ritorno al Futuro (Robert Zemeckis)

venerdì 17 dicembre 2010

Classifica dei migliori film degli anni '90

Negli anni '90, le pellicole uscite nelle sale cinematografiche erano di ottima qualità e altrettanta quantità, perciò nella classifica dei migliori film abbiamo inserito le migliori venti che secondo noi rappresentano tutto il decennio.
1-Balla coi lupi (Kevin Costner)
2-Nel nome del padre (Jim Sheridan)
3-Carlito's Way (Brian De Palma)
4-Le ali della libertà (Frank Darabuont)
5-Forrest Gump (Robert Zemeckis)
6-Braveheart, cuore impavido (Mel Gibson)
7-Quei bravi ragazzai (Martin Scorsese)
8-Trainspotting (Danny Boyle)
9-Sono pazzo di Iris Blond (Carlo Verdone)
10-Il miglio verde (Frank Darabount)
11-La vita è bella (Roberto Benigni)
12-Pulp fiction (Quentin Tarantino)
13-Leon (Luc Besson)
14-Il postino (Michael Radford)
15- Stanno tutti bene (Giuseppe Tornatore)
16- Il Padrino parte III (Francis Ford Coppola)
17-Clocklers (Spike Lee)
18-Huricane (Norman Jewison)
19-Gli spietati (Clint Eastwood)
20-Shindler's list (Steven Spielberg)

giovedì 16 dicembre 2010

Classifica dei migliori film del 2010

"LaVoce Quotidiana" ha stilato una classifica che secondo la redazione racchiude i migliori film usciti nelle sale cinematografiche nel 2010. Qualsiasi commento e/o appunto da parte del lettore sarà cosa gradita.


1-La bella società (GianPaolo Cugno)
2-Draquila, l'Italia che trema (Sabina Guzzanti)
3-Dieci inverni (Valerio Mieli)
4--Baciami ancora (Gabriele Muccino)
5-L'uomo che verrà (Giorgio Diritti)
6-Una sconfinata giovinezza (Pupi Avati)
7-Cosa voglio di più (Silvio Soldini)
8-La nostra vita (Daniele Lucchetti)
9-La prima cosa bella (Paolo Virzì)
10--L'Immortale (Richard Berry)

L'enigma Cossiga

I temi dell'ex capo dello Stato lasciati in eredità
Per la maggior parte degli italiani era considerato il Picconatore, per le sue estenuanti proteste pubbliche che cominciarono poco dopo il crollo del muro di Berlino, mentre ancora ricopriva la carica di Presidente della Repubblica. Dopo un quadriennio in cui in silenzio e con discrezione svolgeva il suo mandato presidenziale con meticolosità e rispetto dei toni, scoppiò come un vulcano in eruzione a difesa del sistema partitocratico della prima Repubblica che si stava sgretolando con l'avvento di tangentopoli e l'avanzamento della Lega Nord che attaccava minacciando sia i suoi esponenti che i suoi elettori.
Da che si dica, l'ex Presidente emerito, era e rimane una figura ambigua ed emblematica per quanto riguarda l'intero panorama politico nazionale e istituzionale, cui non si è mai compreso fino in fondo il suo enorme potere che gestiva come un giocatore di scacchi su di una scacchiera a cui veniva lasciato campo libero per poter manovrare come meglio voleva le pedine. Ci sono diversi punti per i quali non è mai stata fatta chiarezza che lo riguardavano direttamente o lo sfioravano semplicemente, come per il caso Gladio, oppure come quando da Ministro dell'Interno durante il sequestro Moro, organizzò tramite il Viminale, una serie di comitati investgatvi in cui veniva estromesso il Generale Dalla Chiesa, a favore di alti ufficiali delle forze dell'ordine, i quali si scoprirà tre anni più tardi, cui molti dei loro nomi figuravano nella lista della P2 di Licio Gelli, sequestrata dai magistrati Turone e Colombo, durante l'indagine che stavano conducendo su Michele Sindona.
Descrisse il coraggioso giudice Rosario Livatino con l'appellativo di giudice ragazzino, mentre costui in solitudine indagava sui malaffari della "stidda" agrigentina, e che in solidudine, privo di una scorta a suo seguito, morì sotto i colpi della mafia che lo uccise nel 1990.
Negli ultimi anni spesso inveiva contro alcuni esponenti politici, elogiandoli poi successivamente, dimostrando di vivere in un contrasto ideologico in eterna confusione, oppure, da uomo scaltro qual era e privo di scrupoli, semplicemente adottava questo suo modo di fare per confondere gli ascoltatori meno abbienti e confonderli ulteriormente, sfruttando la propia immagine pubblica.
L'ultimo "regalo"' che ha rilasciato come testamento, è stata la dichiarazione fornita nel 2008 al Quotidiano nazionale, in cui dando consiglio al Ministro dell'interno Maroni sulle forme da adottare durante le manifestazioni, disse che per screditare i manifestanti, bisognava infiltrare al loro interno agenti provocatori che creassero disordini all'interno dei cortei e che venissero colpite persone anziane o più semplicemente che ci scappasse il morto, in modo tale che la polizia ,come reazione, reagisse violentemente contro tutta la folla.. In più aggiunse che quando era in carica al decastero del Viminale, questa fu una delle soluzioni che egli stesso adottò più di una volta, e forse questo spiega gli innumerevoli morti che nel corso degli anni settanta morirono sotto i colpi degli agenti di polizia nei cortei di protesta.
Francesco Cossiga, con quella dichiarazione ha praticamente spiegato ciò che è successo due giorni fa, quando il famoso uomo con la pala e a volto coperto, a volte si scagliava violentemente contro le forze dell'ordine, e altre volte li difendeva.
Tutto questo è ciò che l'ex Capo dello Stato ha lasciato in eredità, cui da parte mia va riconosciuta l'opinione che non fosse in alcun modo degno di rappresentare l'Italia sia con la massima carica, che come presidente del Senato e del Consiglio (tutte cariche che ha ricoperto nella sua lunga carriera politica), perché con la sua ultma "sparata" ha dato conferma di non aver mai amato i cittadini del paese che ha governato e rappresentato nel mondo.

Il Festival di Sanremo come specchio dei nostri costumi

Ho amato la televisione. Quella passata ovviamente. Non che un tempo fosse completamente magnifica, ma a differenza di oggi, venivano trasmessi maggiori programmi educativi e culturali che insegnavano qualcosa, oppure semplici varietà leggeri rivolti alle famiglie italiane: uno su tutti, il Festival di Sanremo. Per capire i mutamenti antropologici, sociali e culturali del nostro paese trovo indispensabile fare riferimento ad esso.
Personalmente sono cresciuto ed ho sempre accostato la manifestazione canora al conduttore che lo ha presentato più volte in assoluto, Pippo Baudo, il quale reincarna la nazionalpopolarità che via via si sta sgretolando dagli usi e costumi degli italiani. Non trovo il Pippo nazionale il meglio che si sia sulla piazza, ma ho sempre ritenuto lui come persona capace e attenta nel presentare e condurre quella determinata manifestazione, vista la sua esperienza musicale che lo rende capace di scegliere i partecipanti durante le selezioni. Dotato di una dizione impeccabile, democristiano intelligente vecchio stampo qual è, ha sempre saputo calcare la scena di un palco importante come quello del Teatro Ariston, permettendogli di far emergere diversi talenti musicali che col tempo sarebbero diventati famosi.
Partiamo da non molto lontano, dal 1992, quando Baudo cominciò a condurre assiduamente il Festival replicando successi dopo successi di ascolto fino all'edizione del 1996, per poi passare la mano l'anno seguente a Mike Bongiorno che portò a casa anch'egli buoni risultati.
Se facciamo un paragone tra il Festival di oggi, rispetto alle edizioni fino la seconda metà degli anni novanta noteremo alcuni mutamenti rilevanti. Se negli anni passati i cantanti delle nuove proposte erano timidi, impacciati e timorosi di esibirsi sul palco, quelli di oggi sanno già muoversi, e a volte ballano e gesticolano a spoposito, per dimostrare la loro sicurezza e far capire che su quel palco si sentono a loro totale agio.  Sempre a quelli del passato, la mano gli tremava tenendo in mano il microfono durante la loro esibizione, dove stavano attenti accuratamente a non cadere in stonature. In più erano statici sul palco ed erano vestiti in maniera semplice, normalissima, ma soprattutto, e questo è il dato più rilevante, erano intonati e quasi sempre dotati di una bella voce, pulita, lineare.
Quelli di oggi invece, per lo più fanno un'esibizione di loro stessi più che del pezzo in sé, stonano ripetutamente, anche se grazie ai tipi di microfono che usano, la cosa riesce bene a camuffarsi sotto l'eccessivo rimbombare del volume dell'orchestra che protegge quello vocale.
Anche tra i big ci sono differenze. Non molti anni fa partecipavano ed arrivavano tra le prime posizioni Enzo Jannacci, Ivan Graziani, Renato Zero, Roberto Murolo, Cristiano De Andrè, Carmen Consoli (per fare degli esempi), cantautori che nel bene e nel male sono tali, sanno suonare e cantare, e hanno fatto la gavetta che li ha condotti su quel palco così importante. Quelli di oggi invece, per la maggiore provengono dai reality show musicali quali XFactor e Amici di Maria De Filippi, il cui scopo principale non è quello di svolgere il mestiere di cantautore, ma di diventare famosi per fare invidia ai propri amici (il concetto della maggior parte dei giovani d'oggi riguardante l'amicizia è assai ambiguo), ai vicini di casa e ai vari ragazzini che si mettono a piangere commossi quando li vedono per strada passare. Ciò che voglio semplicemente dire è che col tempo il Festival è diventato sempre più spettacolo e meno rassegna musicale, in cui le canzoni sono accantonate per far posto ai superospiti nazionali ed internazionali e al gossip. Complice di questo, è stato prima Raimondo Vianello che nel 1998, come conduttore trasformò le dirette in una specie di Casa Vianello sulla prima rete Rai, poi e soprattutto Fabio Fazio che fu l'artefice condottiero che condusse il Festival nazionalpopolare in uno show internazionale impreziosito di ospiti che con la canzone e la musica non centravano proprio niente, fra tutti Michail Gorbajeuf e Neil Armstrong.
Con l'avvento di Fazio alla conduzione nel 1999 e nel 2000, il palco del teatro venne allungato notevolmente in modo tale da sembrare uno studio televisivo, e di conseguenza, vennero tolte diverse file cui sostavano le poltrone degli spettatori. Dopo alcuni anni di fermo, Pippo Baudo tornò a condurre il Festival per ben quattro volte, ma ritrovandosi in eredità un mutamento globale dello stesso, accaduto in pochissimi anni, si è dovuto adattare e al massimo è riuscito, anche se minimamente, a riportare le canzoni sul piano principale della manifestazione. Il Festival di Sanremo di conseguenza, ha sempre mostrato i costumi attuali del nostro paese di anno in anno durante le sue kermesse, e se non molto tempo fa racchiudeva attorno a se cantati che nel bene e nel male erano capaci, e volenterosi di fare il mestiere di cantautore, oggi rappresenta il malcostume condensato al malessere generale rappresentato dalla maggior parte dei giovani, che come abbiamo detto spesso sono principalmente dediti al denaro, alla voglia di apparire e all'invidia reciproca che in questo modo avvelena la musica, le canzoni, e che per una personale spregiudicatezza data da un capriccio personale mette da parte i meritevoli e ruba un mestiere molto importante e secondo me delicato: quello del cantautore.

Ps. Per comprendere appieno i mutamenti che hanno caratterizzato il Festival,quattro esibizioni: 1994, 1998 e due del 2010, cliccate sui link, mettetele a confronto e giudicate voi.
http://www.youtube.com/watch?v=AIajC68OShY
http://www.youtube.com/watch?v=ZV7OzpNqvV0
http://www.youtube.com/watch?v=Gm8ANJkCQxo
http://www.youtube.com/watch?v=s_Ufyx4sZWY

L'odore della paura

                          Ignazio La Russa Ignazio La Russa attends the Italian Party PDL "Festa Della Liberta" held at Lido Di Milano on October 03, 2008 in Milan, Italy.
La sera scorsa, il canale televisivo La7 proponeva la messa in onda della trasmissione condotta da Ilaria D'Amico Exit, nella cui puntata si dibatteva sulla fiducia appena incassata dal governo Berlusconi e della manifestazione di Roma in cui alcuni gruppi di infiltrati tra i manifestanti, provocarono scontri fra loro e le forze dell'ordine. Tra i numerosi ospiti in studio figuravano Enrico Mentana, Adolfo Urso e Rocco Buttiglione che dibattevano sugli argomenti e sui filmati che la trasmissione a diversi intervalli trasmetteva. Un episodio che mi ha colpito in particolare, riguarda la reazione tenuta dal Ministro della Difesa Ignazio La Russa, fuori Palazzo Montecitorio, poco dopo che il Governo cui fa parte aveva appena incassato la fiducia, nei confronti di un giornalista del programma, il quale con cameramen al seguito, lo incalzò con la semplice domanda rigurdante il famoso "mercato delle vacche", riferendosi a quei deputati "sospettati" di essere stati comprati per votare a loro favore. Il Ministro stesso, probabilmente sentendosi toccato e provocato, non mostrò alcun contegno e inferocito rispose semi istericamente al giornalista de La7 urlandogli più volte: "Fai schifo!", e "Hai perso". Non commento la reazione, ma mi chiedo come possa un membro dell'esecutivo comportarsi  in quella maniera incivile e spropositata, dando l'immagine di un folletto imbufalito e indispettito piuttosto che di un Ministro della Repubblica. Non credo che personaggi del genere debbano rappresentarci, anche se a dire il vero l'onorevole La Russa non è il solo a comportarsi in un certo modo, ma è sicuramente uno dei più incisivi e che calca la scena. Da ricordare che recentemente, durante la messa in onda di "Linea notte" su Raitre, condotta da Bianca Berlinguer, poco dopo essergli stata posta una domanda riguardante la Ministra Mara Carfagna, che all'epoca intendeva dimettersi sia come Ministro che come deputata, egli infastidito abbandonò la trasmissione. Nel 2008, durante la diretta della trasmissione condotta da Maria Latella su Sky, mosse appellativi poco gradevoli nei confronti della direttrice de "l'Unità" Concita De Gregorio, ospite in studio, colpevole di avergli mosso l'accusa di aver fatto ricorso ai militari morti durante una manifestazione pubblica. In anni addietro invece, durante la trasmissione Iceberg su Telelombardia, condotta dal bravo giornalista, purtroppo oggi defunto, Daniele Vimercati, si alzò di scatto e accorse contro un membro del pubblico in studio sferrandogli uno schiaffo solo per essere stato contestato. Nonostante sia un membro di rilievo dell'attuale "regime" che incute timore, anche l'onorevole La Russa ha paura, e si vede. Ha paura perché da par suo, sa che se Berlusconi cadesse, sarebbe difficile che torni a presidiare Palazzo Chigi per l'ennesima volta vista l'età anagrafuca avanzata del Premier stesso (anche se non si sa mai), e quindi per lui le possibilità di sedere un'altra volta su di una poltrona di potere come quella di un decastero importante, quale rappresenta, sarebbe alquanto difficile. Egli è l'esempio lampante di chi conserva il posto grazie a Berlusconi, lui come i Frattini, i Brunetta e i Bondi vari.
Un altro fatto che fa capire che viviamo in un regime a tutti gli effetti, lo si attinge proprio nel vedere il suo atteggiamento spavaldo e sfacciato a telecamere accese, dove anche il minimo pudore rguardo personali reazioni viene accantonato, per esibire il potere che con esuberanza diffonde alla comunità non solo telespettatrice. Alcuni uomini di opposizione, sia parlamentare che popolare, lo considerano un clown, alcune volte eccessivo nei modi, ma alle volte anche simpatico, ma non ne sono poi così tanto convinto.
Il Ministro La Russa è lontano anni luce dalla simpatia, è l'antitesi dell'ironia, e la sua non è altro che euforia ed esibizionismo spirituale che, tramite il potere, gli consente di dire e fare cose senza freni a seconda del proprio stato d'animo. Cari lettori, ma vi immaginate un De Gasperi, un Nenni, un Almirante, un Togliatti che da dello schifoso a un giornalista che gli pone una domanda? O più recentemente uno Spadolini, un Ciampi o uno Scalfaro? E' proprio vero quel che si dice alle volte, che il potere, se non lo si sa gestire, da alla testa, con il rischio di usarlo in modo improprio e abusandone di volta in volta, anche quando non servirebbe.
Il potere dovrebbe essere un attestato consegnato nelle mani responsabili e meritevoli di una persona attenta, premurosa, che ha avuto meriti umani e professionale in vari campi, e non un regalo concesso in cambio della fedeltà personale e privata dimostrata al Sultano di turno, perché è da queste piccole cose che poi nasce e si allarga un regime. E infatti, ci viviamo dentro.


mercoledì 15 dicembre 2010

Un'arida stagione bianca


"Quando fra vent'anni, il periodo che va dalla fine della prima Repubblica sino ai giorni nostri, sarà oggetto di studio e discussione nei libri di storia, verrà ricordato come una delle più brutte stagioni che l'Italia abbia mai attraversato".
Sarà scritto che il corruttore era il principe, il corrotto un semplice "bonario", il denaro la meta principale per l'affermazione di se stessi, la concorrenza umana una lotta continua da mettere in pasto alla gente per distrarla dai problemi reali e concreti. La mafia sarà raccontata non solo come un fenomeno criminale, ma culturale, uno status symbol il cui modo di vivere era stato adottato dalla maggior parte dei giovani stessi, che tendevano ad isolare chi non vestiva in un certo modo, chi non comprava, spendeva e spandeva carta e moneta per farsi vedere partecipe del mercato globale, in cui l'essere umano non era più uomo ma si era trasformato in merce di scambio.
Verrà ricordato come un periodo buio, brutto, sporco e cattivo, in cui il gruppo infamava in coro il dissidente, ovvero il libero cittadino, uccidendolo nello spirito e gettandolo nell'amucchiata dei cadaveri.
Leggeremo di un paese spaccato, ingordo, bulimico, tappezzato e invaso dal cemento, che con la sua lava tappava metaforicamente la bocca a tanta gente, della sparizione della civiltà e della buona educazione. Scriveranno che chi era onesto era un fuorilegge ricercato, in cui la scritta Wanted appariva sui manifesti pubblici, posta per inneggiare la caccia e la cattura di un soggetto pericoloso per la destabilizzazione morale, politica e culturale della popolazione
Si ricorderà che di Enzo Biagi era stato detto che fosse un criminale e di Indro Montanelli un vecchio rincoglionito, entrambi invidiosi del successo che il Cavaliere aveva avuto, e che loro non avevano saputo eguagliare.
Ma verrà scritto anche, che c'era gente che resisteva e reagiva anche se minimamente, nella propria solitudine, contro quel sistema, perché ne era indignato e non lo accettava per sé e per tutti quelli che come lui non aveva fatto del malaffare il proprio programma di vita, che degli inciuci era un acerrimo nemico, che la giustizia, la legalità e il rispetto per le leggi scritte e morali non erano un optional e nemmeno una cosa di destra o di sinitra, ma un concetto etico che sta alla radice della civiltà dell'uomo per una società sana e pulita.
Questo ed altro ancora sarà detto e scritto di questo periodo, cui anche noi dovremmo cercare di non dimenticare mai, per timore di non tornare più nel regime nel quale ci troviamo a dover scontare giorno per giorno i danni enormi nei quali ci ha condotto, fino a quando scoppierà attraverso l'apocalisse che ne determinerà la sua ingloriosa fine.