martedì 4 gennaio 2011

La Nera Signora

La morte

E diventato assai difficile e raro sentire pronunciare la parola "morte" riguardo una persona che ha perso la vita. Sia in televisione, che sulla carta stampata, che fra comuni cittadini. La parola in sè, (usata fino a pochi anni fa), è stata soppressa a favore di scomparsa, è venuto a mancare, se n'é andato. La "morte" non deve e non può essere pronunciata, anche se a conti fatti, è la parola più appropriata e adeguata nei riguardi di un individuo che non è più presente nel mondo terreno.
Probabilmente questo fatto è dovuto alla paura d'invecchiare che imperversa nell'odierna società moderna che da in pasto all'opinione pubblica il mito del giovanilismo, della paura della vecchiaia, quindi, di conseguenza, della morte stessa. Un esempio lampante lo si ha parlando a proposito di Fabrizio De Andrè, che di morte ha scritto e cantato soprattutto durante i primi anni di carriera, che poi sono i migliori di tutta la sua discografia. Nonostante gli si dedichino serate, concerti e incontri per studiarne la personalità, è difficile sentir parlare o eseguire brani di De Andrè in cui la Nera Signora è parte fondamentale. Canzoni quali Leggenda di Natale, Cantico dei drogati, Inverno, La ballata dell'eroe, vengono quasi sempre ignorati a favore di Volta la carta, Se ti tagliassero a pezzetti, Coda di lupo, che rappresentano il lato meno creativo del cantautore che fortunatamente, negli ultimi anni di vita ricominciò a riacquistare.
La morte no signore, non può essere pronunciata. E' un eresia. Non esiste per alcuni. E invece no, esiste eccome, ed è la cruda realtà che fa parte di un ciclo, quello della vita. E' parte di un fiore che attraverso il seme cresce, germoglia, appassisce e poi muore per il tempo dell'età che avanza. La morte, come la nascita, è parte di un contesto, di una stagione fatta di piccole stagioni, che può terminare dopo aver chiuso e concluso un cerchio, oppure si ferma prematuramente per il destino cinico e reale che ci attende da un momento con l'altro. La morte è la fine triste della partita come cantava saggiamente Francesco Guccini in uno dei suoi testi più intensi "Lettera". E chi non accetta questo verdetto, compreso il termine stesso (ossia morte), non rispetta se stesso, perché facendo parte della vita, la morte è dentro di noi, che prima o poi ci coglie di sorpresa e ci porta via, chissà dove, chissà quando e chissà ancora...
La nascita e la morte sono la stessa faccia della medaglia, fra cui in mezzo c'è il vissuto, le stagioni nella stagione, il contenuto di un racconto, ossia la vita. Una sorta di equazione.
Con la sostituzione di morte a favore di scomparsa, si è compiuta un'operazione analoga che riguarda il termine vecchiaia, sostituito con terza età. Invece la vecchiaia, come la morte, esiste, e prima o poi arriverà a noi come stagione di autunno/inverno, che ci condurrà in un eterno letargo.
Se non si accettano queste piccoli fasi della vita, non avremo mai e poi mai rispetto di noi stessi, della nostra vita e di quella altrui, e non potremo mai comprendere appieno quali siano davvero i piaceri veri della vita....
...Oltre la moda c'è di più...

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