martedì 30 novembre 2010

Addio a Mario Monicelli: onore e rispetto

E' morto la sera scorsa, gettandosi dal quinto piano della sua stanza dell'ospedale San Giovanni di Roma, dove era ricoverato da un giorno, il regista e sceneggiatore Mario Monicelli. Aveva 95 anni.
Era nato a Viareggio nel 1915, ma risiedeva nella capitale da diversi anni. Malato da tempo di tumore alla prostata, per evitare di sottoporsi alle cure debilitative e al calvario che stava per giungere alla fase terminale della malatta stessa, ha preferito sottrarsi a una morte sofferente e sempre più dolorosa compiendo un gesto suicida coraggioso. Persona onesta e solitaria, ha diretto pellicole che sono incastonate nella storia della commedia all'italiana: - I soliti ignoti, Il marchese del grillo, Un borghese piccolo piccolo, I compagni, Speriamo che sia femmina, Amici miei - per citarne alcune. Una lunga carriera che lo ha portato a lavorare con attori quali Alberto Sordi, Vittorio Gassmann, Marcello Mastroianni, Ugo Tognazzi, Gian Maria Volontè, è considerato uno dei padri della commedia all'italiana accanto a Dino Risi e Luigi Comencini.
Ha diretto tante belle pellicole significative, mai capolavori, ma ha saputo rispecchiare i lati e i caratteri degli italiani attraverso i tanti personaggi. Provo molta tristezza per la drammatica fine del regista, ma probabilmente il fatto di ritrovarsi ultranovantenne in un mondo "nuovo", privato degli amici amici coetanei, stravecchio in un contesto che più non gli apparteneva, lo ha portato a compiere il determinato gesto. Ritiratosi da un paio d'anni dalla piena attività lavorativa, chiamato a testimoniare le impressioni e i ricordi nei riguardi delle ricorrenze delle persone con cui aveva lavorato, si è sentito probabilmente solo e spodestato della proprio dignità di uomo. Al giorno d'oggi essere anziani e far di tutto per non nasconderlo, come faceva Monicelli appunto, non è cosa facile visto che i vecchi stessi nel mondo occidentale globale vengono considerati una categoria inutile che serve a poco e niente, invece che coloro che possono insegnare perché hanno vissuto a lungo, e quindi portano con sé il "sapere".
Lucido fino alla fine, da non dimenticare i suoi ultimi interventi televisivi ad Annozero prima e Raiperunanotte poi, dove con parole semplici e mai scontate esternava impressioni e giudizi critici sul degrado politico e sociale del nostro paese, che secondo lui è sempre stato vigente, ma che negli ultimi anni si era intensificato notevolmente. Molti lo additarono come cinico, ma non sono d'accordo. Sosteneva cose veritiere e si sa, in un contesto in cui vige l'ipocrisia del negare, di nascondere e non ammettere mai la sconfitta, lui che ne era l'antitesi perfetta, si capisce il perché molti dei suoi più giovani colleghi si trovassero spaventati ad appoggiare determinate tesi.
Il suo gesto suicida ricorda quello dello scrittore torinese Franco Lucentini, ottantenne, anch'egli malato di cancro, che nel 2002 piuttosto di arrivare agonizzante alla fine, preferì togliersi la vita in anticipo, prima di un'altra estrema e peggiore sofferenza. Proprio per questo, per il coraggio e l'umiltà di un gesto che risponde ai suoi desideri, a Mario Monicelli va il mio riconoscimento di onore e rispetto.

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