lunedì 15 novembre 2010

I grandi 8, Genova 2001: La memoria che si chiude

 



  

     
 

 
                                         

Questi sono gli effetti collaterali del capitalismo, che come un tumore nasce e si estende ramificandosi sempre più lentamente, creando metastasi se non viene fermato. Dove le cellule impazzite sono le vittime per eccellenza da manovrare come pedine da sfruttare per deprimere quelle ancora sane, cercando invano un disperato tentativo di salvezza, cadendo però, da come si è appurato da fatti concreti, nella distruzione psicologica oltre che fisica dell'individuo. Dalla caduta del muro di Berlino in poi, al tumore sono state ampiamente spalancate le porte: ha potuto quindi mescolarsi sul mercato prima, e inglobarsi nell'individuo poi, fino a raggiungere quasi l'intero globo, con la diagnosi di essere diventato cancro. Ai paesi del medio oriente che hanno sempre snobbato questo tipo di sistema, l'occidente ha dichiarato guerra per imporgli a tutti i costi una democrazia, col prestesto, l'arroganza e la prepotenza, che il modello occidentale sia il migliore che ci sia sulla faccia della terra. Ma non vorrei dilungarmi troppo e allontanarmi dal nucleo centrale del discorso che vorrei sottoporre, ossia, da dove e quando il cancro si è radicato profondamente, dai giorni del G8 a Genova nel luglio del 2001. In quei tre giorni di intense manifestazioni non ci voleva una mente eletta per capire che buona parte dei popoli (parlo di popoli intesi come Nazioni, viso che vi partecipavano organizzazioni di diversi paesi del pianeta) non la voleva questa benedetta globalizzazione. Manifestavano per far capire che per loro è inaccettabile questa democrazia rappresentativa, in cui poche persone (i governi dei vari paesi industrializzati), senza il consenso dei cittadini dello Stato che rappresentano, prendono decisioni importanti riguardo la politica estera ed economica da adottare sull'intero globo. Non sto qui a descrivere, se non in modo parziale, le conseguenze del capitalismo globale, che sono evidenti, e si vedono ogni giorno e sono sempre peggiori.
Ci si lamenta tanto degli sbarchi di clandestini nel nostro paese, i quali essendo disperati, a volte, sono capaci di tutto pur di sopravvivere, e desta preoccupazione nella popolazione che ha paura ad uscire, si rintana a casa davanti alla televisione, e se nota per strada una persona che manifesta un malore, nell'indifferenza totale fa finta di niente, si gira dall'altra parte e se ne va. Non viene però spiegato il perché ci sono questi sbarchi, che avvengono a causa delle continue guerre che l'occidente fa nei paesi medio orientali, in cui manda intere popolazioni alla fame per annettersi lo Stato a proprio comando, costringendo quel determinato popolo ad espatriare, dopo essere stati spodestati dei loro valori, distruggendoli oltre che fisicamente, anche mentalmente Per non parlare degli effetti che si hanno sulle persone: questa necessità di acquistare prodotti sempre più all'avanguardia per restare al passo dello sviluppo impazzito che vive e regna. Perciò, quando un politico, sia di destra che di sinistra, o un economista, o chicchessia pronuncia la seguente frase: "bisogna incentivare i consumi", significa che vuole metterlo nel culo ai cittadini, ed è una persona che non ma né il suo Stato, né i cittadini che ne fanno parte, ma solo la recita che gli fa comodo per aumentare il suo portafoglio. Più il cittadino consuma, più s'inasprisce e vuole competere sempre più, rischiando di perdere il senso di se stesso, della vita reale che non ha più, divenendo merce anche lui stesso degli affari,  e visto che consuma è destinato a correre per non stare mai indietro. Non si tratta nemmeno di libero mercato, che in sostanza c'è, ma nella pratica è tutta una montatura. In una Nazione in cui esso vige, l'economia è gestita all'interno dello Stato stesso, mentre con la globablizzazione le multinazionali dominano sulla scena economica mondiale, incidendo sugli Stati che da par suo si sentono minacciati (causa enormi interessi economici da cui oramai dipendono) e a cui debbono sottostare con delle regole precise. Il lavoro sarà sempre meno mestiere e sempre più macchina veloce che deve essere competitivo sul mercato. L'essere umano in sé non conta più se non il suo contributo per il sistema, quindi, quando sarà vecchio sarà considerato un relitto (come sostiene sapientemente Massimo Fini) venendo emarginato come scarto che non serve più a niente, anzi, considerato un peso. Proprio per questo il vecchio oggi non accetta la propria condizione e si ostina a mantenersi giovane.
Ma torniamo ai fatti di Genova del 2001. In quei quattro giorni (dal 19 al 22 luglio) si svolsero numerose manifestazioni di diverse associazioni: quelle cattoliche, degli anarchici, dei lavoratoti, degli immigrati ecc ecc..
Il primo giorno si consluse fortunatamente senza incidente alcuno, mentre nel secondo si assistette alla morte del ventritreenne Carlo Giuliani ad opera (si disse allora) di un giovane carabiniere di leva, Mario Placanica.
Nello stesso giorno, antecedente l'omicidio, la polizia cominciò a caricare interi cortei di manifestanti pacifici, senza calcolare minimamente i cosiddetti "black block", che nel frattempo erano gli artefici di disordini e vandalismo (spaccavano vetrine di negozi, ribaltavano e bruciavano macchine in sosta parcheggiate).
Le forze dell'ordine colpirono come furia cieca chiunque trovassero innanzi a loro: giovani, anziani, persino giornalisti con tanto di tesserino esposto in bella vista. Le camionette cominciarono a correre a velocità elevata per le vie della città rischiando di investire i pedoni (salivano persino sui marciapiedi non curanti di nulla) che per fortuna riuscirono a scappare. Il giorno successivo, stessi scontri, più, in serata l'indimenticato assalto alla scuola Diaz dove alloggiavano diversi dimostrnti e giornalisti, i quali furono brutalmente presi a manganellate, alcuni ricoverati in ospedali, ed altri "deportati" nella caserma di Bolzaneto dove a detta di diverse testimonianze vennero torturati psicologicamente e fisicamente dalle forze dell'ordine con passamontagna per non rendersi riconoscibili. Chiedo scusa se tralascio ulteriori dettagli e particolari importanti, ma questo articolo non vuole essere un'inchiesta su quei giorni, siamo un blog nuovo e aspetteremo di crescere ancora un po' per poterla affrontare, vogliamo spiegare cosa succede e quali conseguenze si ottengono, anzi si pagano, quando anche se organizzati, ci si mette di traverso ad interessi economici molto potenti. Aggiungo solamente, e non è poco, che diversi manifestanti, dopo il G8 subirono danni fisici e invalidità permanenti a causa delle botte ricevute, e lo stesso trattamento è stato ricevuto da coloro che l'anno prima, avevano "osato" manifestare contro il Forum Global che si svolse a Napoli, in cui alcune ragazze accusarono di aver subito violenze sessuali dagli stessi agenti. Per quei fatti e per il G8 ci sono stati e ci sono dei processi in corso, e per saperne di più consigliamo la visione della puntata sul G8 di Genova 2001 che Carlo Lucarelli ha condotto per "Blu notte, misteri italiani". La cosa, in conclusione che vorrei sottolineare, è la spiegazione che ancora non ha fornito l'ex vice Premier Gianfranco Fini che durante i giorni di Genova si sospetta la sua presenza nella sala operativa della Questura della città, senza venire a conoscenza di quale ruolo avesse avuto in tutta la vicenza.
Da sottolineare inoltre che Antonio Di Pietro e il suo partito, nonostante si spaccino per i paladini della giustizia, votarono contro la nascita di una commissione d'inchiesta su Genova all'epoca del G8, durante la legislazione 2006-2008. La storia ci ha comunque dimostrato che una buona fetta della gente non la vuole la globalizzazione, perché grazie ad essa un fenomeno come la corruzione, per esempio, non può far altro che aumentare. E' un sistema veloce e distruttivo, che non lascia nemmeno il tempo di riflettere, lo dimostrano i fatti, la storia, i reportage e le testimonianze. Lo ha dimostrato la "piazza", che è stata ridotta alla quiete, con la forza della violenza del potere da parte del più forte, in cui si cade per un'idea, come petali di foglie spezzate, lungo strade calpestate nel silenzio che s'inabissano nel tempo.

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