giovedì 18 novembre 2010

L'opinione pubblica pilotata da racconti capovolti



Desidero raccontare un fatto personale. Un po' di anni fa, tra il 1994 e il 1995, frequentavo ancora le scuole medie, ed ogni volta che tornavo a casa da scuola, mentre affamato pranzavo, la televisione della cucina era accesa su Canale 5, visto che il Tg delle 13,00 era da poco terminato, e a casa mia era un appuntamento fisso, forse per abitudine e comodità per la fascia oraria, credo. Fatto sta che ogni giorno, la durata del mio pranzo concomitasse con la messa in onda della trasmissione "Sgarbi quotidiani", ad opera dell'allora anchorman televisivo, nonché critico d'arte, Vittorio Sgarbi. Ai tempi, il peridodo di Tangentopoli era agli sgoccioli finali, e anche se non fossi proprio in età matura, l'idea che il sottoscritto si era fatto riguardo l'inchiesta "Mani pulite", per opera di alcuni magistrati milanesi, era positiva, nel senso che apprezzavo il fatto che un pool di magistrati e investigatori indagassero sulla corruzione politica che per diversi anni, causa i demeriti di alcuni esponenti politici di allora, aveva danneggiato il paese, facendone pagare il prezzo delle loro colpe al cittadino, quindi a noi. Durante i periodi salienti dell'inchiesta, quasi tutti gli organi di stampa l'appoggiavano e fornivano resoconti riguardo ad essa nella classica maniera giornalistica, ossia in maniera adeguata.
Poi qualcosa cambiò. Confesso che nel vedere la trasmissione di Sgarbi, nella mia mente cominciò a instaurarsi una rete fitta di confusione. Questo perché, l'allora presentatore/deputato cominciò improvvisamente a criticare duramente e quasi quotidianamente l'intero pool che aveva indagato, ed io mi chiedevo inconsciamente: "Ma perché poco tempo fa questi giudici erano considerati degli eroi, mentre adesso vengono criticati in maniera così aspra?". Sembrava che alla fin fine i veri criminali fossero loro, e non le persone che commettevano i reati, per i quali erano partiti arresti e/o avvisi di garanzia. La stessa cosa vale per il giudice Giancarlo Caselli e il pool antimafia di Palermo. Nel gennaio del '93 il magistrato venne nominato dal Csm Procuratore Capo della Repubblica presso la capitale sicula, cercando di indagare sulla mafia. La stampa, da che io ricordi, parlava molto bene di questo giudice, che francamente ai miei occhi appariva una persona onesta che voleva fare del bene, che con coraggio, dalla città di Torino, chiese esplicitamente di poter lavorare a Palermo, per dare un contributo inportante per la lotta alla mafia, soprattutto dopo le stragi, che ricordo come fossero ieri, di Capaci, via D'Amelio, e le successive a Roma, Firenze, e Milano. Anche in quel caso però, il destino volle che quotidianamente mi trovassi di fronte al televisore, ad ascoltare la trasmissione di Sgarbi, in cui anche Caselli e il pool antimafia venivano improvvisamente e duramente attaccati, con accuse e parole pesanti. Sinceramente non ne comprendevo i motivi, ma io ascoltavo, e ahimè, la confusione che avevo in testa si faceva sempre più fitta. Dicevo tra me e me: "Beh, ma se queste cose le dice la televisione, qualcosa vorrà pur dire", ma allo stesso tempo mi chiedevo: "Però, come mai prima questi magistrati erano, a bocca di molti, etichettati come eroi, mentre ora vengono 'linciati' giorno per giorno?". Ero forse troppo piccolo per non capire, troppo interessato ad altre cose per chiedere a voce o informarmi, e ancora troppo ingenuo da credere che la televisione fosse una fonte di verità assoluta.
Col tempo capìì, compresi i motivi, ma ancora oggi ricordo quei momenti d'incomprensione, in cui il mio pensiero era nettamente in contrasto. Da una parte, la mia stima per quegli investigatori, dall'altra, la nebbia della televisione che invece cercava di delegittimarne l'immagine ed alterare la mia opinione.
Ancora oggi, lo ricordo come un periodo buio, mentre oggi ci ho fatto l'abitudine e che si voglia o no,  l'importante credo, e che considero per me una fortuna, sia stata quella di pormi dentro quelle domande. Cercavo risposte, è vero, ma non affrettate, ho aspettato e le ho avute, per fortuna. Questo per dire che la televisione è davvero un mezzo pericoloso se non lo si usa in modo serio e a servizio del telespettatore, in cui si dovrebbe garantire un'informazione pulita e correta, cioè normale.
Vittorio Sgarbi quello spazio televisivo giornaliero non lo ha più, ma lo troviamo spesso su diversi canali e in numerose trasmissioni, in cui si comporta allo stesso modo di quegli anni, e fa male sentirgli dire, una cosa su tutte per esempio, che Enzo Biagi ha lasciato la Rai per sua volontaà, quando sa benissimo, che è stato costretto ad andarsene a causa del mobbing che subiva sia all'interno dell'azienda che fuori, accompagnato da una vergognosa e gigantesca campagna diffamatoria nei suoi confronti.
Bisogna stare attenti alla macchina televisiva, me lo auguro per tutti quelli che oggi hanno la stessa età che avevo io in quel biennio, in cui seppur con fatica, posso ora permettermi di dire "sono stato fortunato perché nonostante tutto, non è riuscita a risucchiarmi nel suo vortice".

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