martedì 16 novembre 2010

Il '68: l'anticamera del degrado

 
Il movimento del '68 italiano, viene spesso ricordato come una svolta positiva per il nostro paese.
Indubbiamente, le prime proteste erano mirate a un netto miglioramento collettivo della società, da ricordare che nelle prime manifestazioni, i partecipanti indossavano ancora giacca e cravatta, prima di essere deposte per lasciare spazio ad un look più "alternativo". Certo, è stata un'ondata significativa che ha investito il paese e che ha fornito col tempo diversi mutamenti e conseguenze. Da sottolineare inoltre che parecchi dei sostenitori iniziali, mano a mano che il movimento prendeva una forma e una moda, se ne staccarono lentamente fino a lasciarlo andare a se stesso. Col '68 nacque il 18 politico all'università, e a volte anche il 30, per cui non dovremmo nemmeno sconvolgerci più di tanto se una pinza o una garza, accidentalmente vengono dimenticate nella pancia di un paziente appena operato, o che le dighe e i ponti crollino, oppure ancora che il livello di disoccupazione nel nostro paese sia elevato in alcuni settori. Certo non è solamente colpa di questo movimento, ma in parte sì. Fra l'altro successivamente dopo di esso, nascono le famigerate brigate rosse (1970), inizia la strategia della tensione con la strage di Piazza Fontana a Milano (1969), cui ne seguirono altre, e diversi tentativi di colpi di Stato, durante quasi tutto l'arco degli anni '70. Seguirono una serie di morti ammazzati nelle piazze, durante gli scontri delle varie manifestazioni, oppure "semplici" omicidi causa divergenze politico ideologiche.
Col '68 si spazzano via gli anni del nascente boom economico in cui alla gente bastava vivere disgnitosamente la propria vita, senza troppi "inutili" eccessi, né tantomeno sintomi di protagonismo. Comincia da lì invece, l'accantonamento dei valori che rappresentava e possedeva la vecchia borghesia italiana, spodestata da quella nuova nascente e rampante ancora alle radici di quella che sarebbe divenuta negli anni '80, della  "Milano da bere", dei top manager e finanzieri  col mito dell'arrivismo. Col passare di pochi anni si arriva al movimento del '77, di Radio Alice e le varie radio libere di allora, di gruppi extraparlamentari (che racchiudevano, anche se non sempre, numerosi esaltati) quali Avanguardia operaia, Potere operaio o Lotta Continua con il merito di aver dato possibilità di fare strada a un personaggio del calibro di Adriano Sofri, di cui ci occuperemo più avanti, fino ai movimenti femministi di cui stiamo pagando tutt'oggi le conseguenze (maschi e femmine inclusi). Da movimento di nicchia civile e spontaneo, di protesta nato (tra cui) contro la burocrazia, la guerra "al" Vietman e richiesta di condizioni di lavoro migliori, il '68 straripa come un fiume in piena perdendo il controllo di sé, e diventa di conseguenza totale, di massa e complice, che si voglia o no, dell'evoluzione negli anni, del capotalismo globale. Come oggi vige la moda del "fighetto" vestito in una certa maniera, a quei tempi era lo stesso, perché tenere la barba, indossare pantaloni a zampa e jeans era più che un costume, un marchio.
Più che rimpianti verso quel movimento, bisognerebbe capirne bene le conseguenze che ha portato col tempo al degrado antropologico e culturale dell'individuo, che da singolo lo ha letteralmente risucchiato nel vortice della massa dei morti viventi.

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