mercoledì 24 novembre 2010

Mafia al nord

 
Nell'ultimo periodo soprattutto, si sottolinea finalmente, come e quanto il fenomeno mafioso sia ben radicato nel nord Italia, e che non sia solo un problema riguardante il sud."Era ora che venisse ammesso", verrebbe da dire, visto che sono anni che la "cosa" s'è fatta palese e non si può non tacere su un fatto così importante, anche se, in alcuni casi, che non sono pochi, si tende a minimizzare l'accaduto, ed esserne restii e dubbiosi a  riguardo. Da ricordare, per esempio, che un comune come Bardonecchia, in Piemonte, nel 1995, ossia in tempi non "sospetti", fosse stato sciolto proprio per mafia. Si tratta di una cosa estremamente significativa e grave, perché il paese citato, non è affatto una metropoli, ma una località sciistica vicino a Sestriere, e se la cosiddetta mafia era riuscita a insediarsi in un posto così piccolo e raccolto, vien da chiedersi, chissà come i grandi centri possano esserne ancor più "infettati".
Ci sono regioni del nord palesemente infiltrate, si sente nell'aria, le tanto acclamate Lomabardia, Veneto ed Emilia Romagna, sono l'esempio lampante. In quest'ultima, ogni giorno, otto ettari di terreno, vengono coperte dal cemento per favorire nascenti cotruzioni.
Lo si nota bene percorrendo l'autostrada del sole, nel tratto Piacenza-Bologna, in cui fino a sette anni fa, per quasi quarant'anni, ai bordi delle carreggiate sostavano campi estesi dediti alla concimazione, e alcune cascine. Dal 2003 in poi, complice forse la nascita della linea ferroviaria dell'alta velocità, costruita accanto all'autostrada stessa, i blocchi di cemento si sono moltiplicati fra loro, e i campi cominciarono ad essere sempre più spodestati da una continua e frenetica "strategia del mattone". Si tirano su intere palazzine, industrie e prefabbricati come niente, in una velocità stratosferica, perciò mi sono domandato spesso; "Come mai questa pianura (se non regione) è rimasta "incolta" per quasi quarant'anni, mentre ora la si sta cementificanto a suon di record temporale?". Il dubbio che la mafia avesse messo le mani nelle imprese edili mi aveva  sfiorato diverse volte, così decisi d'informarmi sulla questione, e tramite convegni e qualche lettura, appresi che il mio dubbio fosse veritiero, e non frutto della mia immaginazione, come in molti invece mi accusavano.
Un libro su tutti "Mafia, camorra e n'drangheta in Emilia Romagna" di Enzo Ciconte, mi ha aiutato a fare un quadro sufficiente per pormi molte domande e alcune risposte in merito sul perché questi fenomeni si siano notevolmente estesi.
Il mafioso in Emilia non è certo l'uomo con la coppola e la lupara che va in giro reclamando "rispetto" assieme ai suoi picciotti. Il mafioso è un imprenditore a tutti gli effetti, un uomo d'affari che gestisce il controllo sugli appalti, truccandone le gare a discapito dei cittadini onesti e gravando sull'economia intera del paese.
Tutto ciò deriva da una triste circostanza passata, cominciata ai tempi in cui ai mafiosi, o sospettati tali, (solo "grazie" al sacrificio umano di Pio La Torre venne introdotto il 416 bis, ossia la famosa legge Rognoni-La Torre, che sanciva il reato di associazione mafiosa) dal sud venivano mandati al confino per un certo periodo di tempo, in alcuni "centri" del nord Italia. In questo modo, la mafia stessa, ha potuto cominciare indisturbata a insediarsi piano piano sul territorio fino ad arrivare ai giorni nostri, triste certezza per la quale è nato recentemente un "pool" antimafia di magistrati sia a Modena che a Reggio Emilia per far luce sull'accaduto.
La mafia al nord la si sente respirare nell'aria, lo si attinge nei comportamenti della gente, che sempre più si dimostra omertosa e diffidente. Essa, ha colpito le mente, divenendo a tutti gli effetti  un fenomeno di costume, con conseguenze gravi sull'educazione civica e culurale di alcuni cittadini.
Il pizzo è riscosso, ed è inutile ammettere il contrario, le intimidazioni anche, come azioni di racket indimenticate, come quando all'inizio della costruzione del tratto ferroviario dell'alta velocità nella zona di Reggio Emilia e Parma, ad alcune ruspe venn dato al fuoco.
Ci sono imprese edilizie in Emilia sotto lo stretto controllo delle mafie, ad esempio in centri come Maranello e Sassuolo dove la criminalità supera se stessa (Gaetano Badalamenti venne mandato al confino proprio a Sassuolo negli anni '70). Gestiscono numerosi locali coi proventi del traffico degli stupefacenti, (che è assai elevato) dello sfruttamento della prostituzione e del racket. Sta quindi cercando e in alcuni casi riuscendo benissimo a legalizzarsi: una S.P.A. a tutti gli effetti, ed è proprio per questo che gli inquirenti incontrano numerose difficoltà nelle indagini. La gente purtroppo, i cittadini onesti, il più delle volte hanno paura, e se si trovano a vedere qualcosa che non devono vedere, ci pensano su due volte prima di andare dalle forze dell'ordine per denunciare "l'accaduto".
                                                        
La crisi economica che ha colpito l'intera regione, in particolar modo il settore delle ceramiche, dove molti lavoratori sono stati messi in cassa integrazione, è l'effetto principale del fenomeno mafioso.
Tale settore è sempre stato il punto di forza su cui la regione stessa si reggeva, dove la richiesta di mano d'opera era costante, un settore sicuro quindi, mentre ora che la "bolla" è scoppiata risultando evidente, si è dovuti giungere alle gravi conseguenze appena accennate.
Interessanti saranno gli sviluppi che le varie procure stanno indagando sulla questione, ma finché non si comprenderà appieno che la mafia stessa, si è radicata nella mente delle persone, nei comportamenti di alcuni giovani, e che quindi è diventata un fatto di costume e moda che andrebbe prima studiato e "curato", per poi poterlo estirpare, non si arriverà mai a una soluzione concreta in merito. Continua...




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