mercoledì 29 dicembre 2010

Cantautori italiani

I cantautori italiani in circolazione sono tantissimi, anche se a ben vedere, coloro che hanno espresso, scritto e cantato canzoni davvero emozionanti sono ben pochi. L'italia di oggi offre sulla scena del panorama musicale cantanti quali Jovanotti, che stona, Carmen Consoli, che con la sua voce semi isterica canta dal 1996 la stessa canzone dalla stessa tonalità, e per darsi un tono si fa vedere spesso suonare la chitarra e a volte anche il basso. Abbiamo, anzi hanno, Tiziano Ferro, che rappresenta e racchiude nei suoi testi, cantati con stonature e striduli vari, l'analfabetismo dominante che imperversa sulla scena.
E' vero, ci sono cantanti come Giorgia, che è brava e sa fare bene il suo mestiere, che a differenza della Pausini non rappresenta alcuna icona ed è solo un'interprete, ma è poco. Abbiamo anzi, hanno Elisa, che in pubblico se gli si pone una domanda non sa rispondere, dimostrando di non saper formulare una frase di senso compiuto. Certo, un cantautore dovrebbe rispondere ai testi che canta e alla voce che sfodera nel farlo, ma anche la persona conta, e non mi riferisco all'aspetto estetico, ma al portamento, ai modi di fare e di porsi. I cantautori in Italia sono stati davvero pochi, e dare a persone quali Tiziano Ferro, Valerio Scanu o Marco Carta che non sanno cantare, l'occasione di poterlo fare, venendo così accostati ai grandi nomi del mestiere, è un omicidio vero e proprio, perché questi tre, l'unica cosa che li lega profondamente e per la quale sono portati meglio, è di sapersi fare le sopracciglia in modo impeccabile.
Che dir si voglia i veri cantautori italiani, profondi, si contano sulla punta delle dita, e il resto non sono altro che semplici cantanti di canzonette. Cantautori, nel vero senso della parola sono Fabrizio de Andrè, uomo dal lato umano ineccepibile e grande cialtrone (in senso bonario s'intende), che con la sua voce raccontava le storie dei poveri emarginati, ergastolani, puttane, suicidi. Giorgio Gaber, cantore tenace, combattente e malinconico, Pier Angelo Bertoli, che cantava l'amore e la rabbia nei confronti delle ingiustizie, Gino Paoli e Luigi Tenco che hanno composto le più belle ballate d'amore di tutti i tempi.
Enzo Jannacci, che sullo stesso stile di De Andrè raccontava storie di periferia e di degrado sociale anche  e soprattutto in chiave ironica, e più di tutti, colui che ha cantato racconti, romanzi e storie d'incontri di persone che si sfiorano, s'intrecciano e si danno addio, nonché cantautore della vita: Francesco Guccini.
Stiamo parlando di uomini che hanno dato tanto alla musica, e piuttosto bene oserei dire.
Un altro cantautore che poteva fare di più e non gli è stato concessso una possibilità maggore è stato Ivan Graziani, grande chitarrista, compositore di canzoni d' amore dal sapore nostalgico e mai scontate.
Francesco De Gregori invece, è il vorrei ma non posso della situazione. Le sue canzoni non sono mai state complete, finite, arrivano fino a un certo punto poi si fermano all'improvviso, senza darti quella sensazione completa che una canzone dovrebbe offrire a 360°. I suoi ritornelli sono sempre state le forme per segare le gambe ai suoi pezzi che partivano bene, e poi con essi cadevano in basso. Uomo antipatico, poco modesto e piuttosto permaloso, che si dichiara spassionatamente "artista", quando invece dovrebbe avere la nobiltà d'animo e forse l'umiltà di ammettere che cantare una propria canzone è un mestiere concreto e non un'arte che così detta è segno indelebile di bisogno di sentirsi superiore a qualcosa. Claudio Baglioni è una sorta di cantante che coi suoi stornelli canta la solita strofa ripetitiva da anni, raccolta audacemente da Gigi D'Alessio, persona che si commenta da sola, che sta alla musica e al canto come Cesare Previti sta alla giustizia.
L'unico che potrebbe essere un cantautore a tutti gli effetti ai giorni nostri sarebbe Cristiano De Andrè, ma ciò non è possibile purtroppo, perché maggior parte dei critici lo ha sempre attaccato con pregiudizio iniziale solo ed esclusivamente perché figlio d'arte, danneggiandolo già in partenza e commettendo un grave errore. I cantautori italiani, che sono patrimonio nazionale, sarebbe bene comune che vengano identificati in quei pochi che ci sono, perché accostarli ad altri personaggi che invece strimpellano ed emettono suoni, sarebbe come mettere su di un vassoio un semplice e buon piatto di pasta, ma condito con la muffa anziché col grana.

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