mercoledì 1 dicembre 2010

La classe operaia in paradiso

                                                     
Gli operai italiani in passato, erano lavoratori tutelati il più possibile dal sindacato e dai due partiti principali che ne difendevano i diritti, quello socialista e quello cominista. Il primo deteneva una percentuale che sfiorava il 15%, mentre il secondo sfiorava e a volte ha superato addirittura la soglia del 30. Durante gli anni ottanta però, il PSI con a capo Bettino Craxi, abbandonò la sua ideologia iniziale e storica a favore dello yuppismo che faceva capo alla Milano da bere dei rampanti manager, e lo dimostra il fatto che quando egli stesso sedeva ai banchi del governo come Premier, dal 1983 al 1987, formulò un decreto poi convertito in legge, il taglio in quattro punti percentuale della Scala Mobile che danneggiava la classe operaia in modo notevole.
L'unico partito che assieme alla Cgil (Cisl e Uil erano d'accordo col governo) svolse una vera e propria battaglia contro quel decreto e si battè per il referendum che però persero, era il Pci con a capo lo storico segretario Enrico Berlinguer. Costui morì nel 1984 lasciando orfano un partito che vedeva in lui l'uomo di riferimento assoluto e di notevole carisma. Privo di un nuovo leader che lo succedesse adeguatamente, venne sostituito da Alessandro Natta, che a seguito dei suoi problemi di salute, venne spodestano dalla sua posizione attraverso la mossa della nuova classe dirigente dei cosiddetti "quarantenni" che lo rimpiazzarono con Achille Occhetto. In una corrente interna del Pci, c'era quella mgliorista facente capo a Giorgio Amendola prima e a Giorgio Napolitano, attuale Presidente della Repubblica, poi. Codesti, erano coloro che tenevano aperta la porta al dialogo con i socialisti, cercando da sempre una nuova alleanza con essi e una trasformazione del partito al quale appartenevano in forma riformatrice e tendente al socialismo. Nonostante le prime resistenze da parte della maggioranza dei dirigenti, la corrente migliorista ebbe vittoria dopo che Occhetto, a seguito del crollo del muro di Berlino, decise di attuare un cambiamento del partito stesso, per prima cosa, quella della nome.
Il Pci diventò così Partito Democratica della Sinistra (Pds) cui aderirono la maggior parte degli iscritti, mentre una minoranza diede vita al Partito della Rifondazione Comunista (Prc). Prima che il partito in sé si spaccasse, a qualsiasi elezione non scendeva sotto la soglia del 27%, mentre successivamente, anche se sommate, le due forze assieme non superavano il 22%, per non parlare del numero degli iscritti che crollò drasticamente. Grazie a questa operazione, la classe operaia e contadina (che oramai è svanita del tutto) è sempre stata meno tutelata col passare degli anni, priva di una grande forza unita che li rappresentasse in modo solido. Merito di questo grave danno va attribuito ad Achille Occhetto, Massimo D'Alema, Piero Fassino e Walter Veltroni, i quali stanchi di stare all'opposizione, adeguandosi ai costumi che i cambiamenti della società auspiacavano, cogliendo al balzo l'occasione, si smarcarono improvvisamente dall'ideologia marxista che li aveva accompagnati fin dalla nascita , per sposare il liberalismo democratico. In parole povere, trovarono la scusa migliore per sedere una volta per tutte fra i banchi del governo. Sono passati più di vent'anni da quel cambiamento di rotta, e le conseguenze finali si vedono oggi, il cui l'ex Partito comunista si è sparpagliato in numerosissimi partitini. Una fetta abbondante è entrata nel Partito Democratico, da Rifondazione comunista si sono scisse delle correnti che hanno dato vita a Sinistra e Libertà, Comunisti italiani, Partito comunista dei lavoratori, e Sinistra critica, quasi tutti divisi e in contrato tra loro. Occhetto continua anche oggi ha ribadire che il suo è stato un gesto coraggioso, ma non ammette di non aver tenuto conto di un dibattito generale all'interno del partito stesso e dell'opinioni dei militanti iscritti e non. Come sostiene un uomo di principio come Pietro Ingrao, che non appoggiò il segretario all'epoca della svolta e fu uno dei creatori del Prc: il dibattito verso un cambiamento del partito poteva anche starci, ma sarebbe stato giusto parlarne tutti quanti assieme e poi decidere, e soprattutto trovare una soluzione da sinistra e non da destra come invece fecero Occhetto e i suoi.
Orfani di un partito, anche di opposizione, unito com'era un tempo il vecchio Pci, ai lavoratori è stata tolta la dignità e il diritto ad ogni abuso e sopruso da parte del mondo impazzito dell'imprenditoria globale che non si frena per nulla al mondo. Solo la Cgil che è il maggior sindacato italiano, si trova in completa solitudine nella difesa della classe operaia, che vede in lei l'unico referente possibile.
Tutto questo è il risultato dei capricci di una classe dirigente ambiziosa e spregiudicata che ha mandato al rogo da un giorno all'altro l'obbiettivo principale che aveva, per sposare la causa dell'affarismo.
Personalmente non sono mai stato d'accordo con l'ideologia del Pci e non credo proprio che l'avrei mai votato in vita mia, ma che sedesse in Parlamento, anche in opposizione, un gruppo forte ed unito a difesa dei diritti dei lavori tutti è cosa giusta e doverosa. Ma Craxi prima e la strana coppia Occhetto-D'Alema dopo, per la sete della poltrona, hanno mandato a monte per sempre il ruolo che i lavoratori stessi gli avevano affidato con fiducia e che a loro volta essi con disinvoltura hanno tradito sapientemente.

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