venerdì 3 dicembre 2010

La legge (non) è uguale per tutti

Parte I
Adriano Sofri


                                             
Il nostro è un paese assai ambiguo riguardo certi aspetti. Uno dei tanti, è l'applicazione delle legge adottata nei confronti dei cittadini che devono scontare delle pene rei di aver commesso reati contro il codice penale. La legge, sebbene sia scritto sulla carta, che è uguale per tutti, a volte risulta essere più uguale verso alcune persone rispetto ad altre. Certo, gli sconti di pena ci sono e vengono adottati nei confronti dei detenuti che secondo il giudizio del magistrato hanno tenuto un comportamento corretto durante la detenzione, ed è giusto che così sia. Ma ci sono casi in cui il condannato, in alcuni casi debba per forza avere agevolazioni a discapito di altri la cui condanna risulta meno grave della sua. Gli esempi che vorrei sottoporre riguardano gli aspetti contorti ma palesi di due personaggi: Adriano Sofri e Bruno Contrada.
Il primo, che tratto in questa prima parte, è un noto giornalista e scrittore italiano, ma soprattutto, è una persona condannata in via definitiva a ventitue anni di carcere con l'accusa di essere stato il mandante dell'omicidio del Commissario di polizia Luigi Calabresi, avvenuta a Milano nel 1972. A quell'epoca Sofri era uno dei leader del principale movimento extraparlamentare più famoso in Italia, che fu tra l'altro il trampolino di lancio verso carriere tutt'ora importanti di alcuni militanti dell'epoca, Lotta Continua.
Questo movimento ridicolo e grossolano era assai simile a Potere Operaio e Avanguardia operaia, ossia gruppi composti da persone perlopiù esaltate che seguivano la moda della contestazione perenne. Da sottolineare che tra le figure di spicco di Lotta Continua vi era all'ora quella di Paolo Liguori, che in quegli anni criticò aspramente il cantautore Francesco Guccini con l'accusa di non essere troppo incazzato, morbido, e troppo moderato, e di non cantare la rivoluzione della lotta alla borghesia. Il movimento in sé aveva un quotidiano che prendeva lo stesso nome, e attraverso esso si attuò una campagna denigatoria nei confronti di un ufficiale di polizia, Luigi Calabresi, che secondo loro era il responsdabile principale della morte dell'anarchico ferroviere Pino Pinelli, avvenuta a Milano nel 1969, il quale, secondo le ricostruzioni dell'epoca, cadde da una finestra della Questura Centrale di Milano in via Fatebenefratelli, mentre era sottoposto ad interrogatorio riguardante l'esplosione della bomba esplosa nella medesima città in Piazza Fontana, a pochi giorni dopo la strage.
Il quotidiano cominciò a bollare il commissario come "assassino" figurandolo come mostro e gettandolo in pasto all'opinione pubblica in modo tale da screditarlo sia professionalmente che personalmente.
Lo si isolò in pratica, e complice di questa propaganda, anche se magari involontaria, venne fatta anche dal settimanale L'espresso, che nel 1971 raccolse un appello in cui si sosteneva che il commissario in persona era il maggiore responsabile della morte del ferroviere anarchico. La cosa ancora più triste è che questo articolo, composto da tre parti, venne sottoscritto da innumerevoli firme di personaggi noti, alcuni notevolmente stimabili, della cultura italiana, che ahimè commisero un tremendo errore, accerchiando ancor di più la persona di Calabresi, facendone così un bersaglio facile e scontato. (Non dimentichiamo che stiamo parlando degli anni '70 in Italia, periodo in cui era facile finire sotto i colpi degli estremisti rossi o neri, erano in pieno svolgimento gli anni di biombo e delle Brigate Rosse, per cui un'azione simile contro una singola persona significava metterla a rischio di vita).
Dopo tutto ciò, avvenne come da copione l'esecuzione ai danni del povero commissario che venne ucciso a colpi di pistola a pochi passi dalla sua casa nel centro di Milano. Nei giorni seguenti l'omicidio il quotidiano lotto continua riferendosi alla morte del funzionario sottolineò l'atto omicida come giustizia rea nei confronti degli sfruttati. Dopodiché il caso dell'uccisione di Luigi Calabresi venne archiviato perché privo di una pista investigativa da seguire, si passò all'archiviazione per mancanza di elementi sufficienti per trovare i colpevoli, in modo tale che l'inchiesta finì nel dormiveglia per molto tempo.
Negli anni a seguire, dopo che Lotta continua sia come movimento che come giornale (passata la moda dei rivoluzionari)  chiuse i battenti, Adriano Sofri divenne craxiano (che non vuol dire essere socialista, è tutta un'altra cosa), visto che negli anni 80 la moda imponeva di sposare la causa del potente e cariscmatico leader del Partito Socialista. Nel 1988 però, un tale di nome Leonardo Marino, in preda al rimorso, si fa un esame di coscienza e va ad autodenunciarsi alle autorità competenti affermando che fosse lui a guidare l'auto che accompagnava colui che ai tempi impugnò la pistola contro il commissario Calabresi, ossia Ovidio Bompressi, specificando inoltre che il delitto era stato commissionato da Adriano Sofri e Giorgio Pietrostefani (tutti componenti di Lotta Continua all'epoca).
Il processo contro gli imputati durò diversi anni e subì cinque gradi di giudizio nei quali in tutti quanti veniva riconosciuta la colpevolezza dei citati, compresa quella di Marino che si autoaccusò.
Dalla condanna definitiva (1997) Sofri e Bonpressi vennero condotti in carcere a differenza di Pietrstefani che scappò e si rifugiò in Francia (tutt'ora latitante), e da lì cominciarono a susseguirsi un insieme di petizioni a favore dei colpevoli a cui veniva sottoscritta la richiesta di grazia chiesta al Presidente della Repubblica.
Oscar Luigi Scalfaro si rifiutò apertamente di firmare l'attò, mentre Carlo Azelio Ciampi non fece in tempo visto che il suo mandato era ormai scaduto, e solo Giorgio Napolitano la concesse nel 2006 a Ovidio Bompressi. Nel frattempo però la campagna a favore di Sofri si fa sempre più assidua sia tra alcuni cittadini, sia attraverso le proteste di alcuni uomini delle istituzioni, del giornalismo e della cultura.
Sono convinto personalmente che la giustizia in Italia abbia serie difficoltà di gestione, ma è anche vero che il processo che ha visto gli imputati condannati ha avuto cinque gradi di giudizio, e persino la corte europea ha risposto negativamente alla richiesta della difesa di formulare un altro processo, perché inutile.
Per la giustizia italiana si è appurato in base a indizi, indagini e prove concrete, che i cinque sono stati i responsabili della morte di un servitore dello Stato italiano, ma la cosa non è ben accetta da molti in questo paese, che proclama giustizia e poi quando c'è gli volta le spalle e crea confusione e controsensi.
Questo perché alcune persone sostengono che il Premier Berlusconi debba smetterla di fare leggi per sottrarsi al giudizio dei magistrati, e allo stesso tempo chiedono la grazia per Sofri. Mi chiedo, ma perché mai Sofri dovrebbe avere il privilegio della grazia invocata dagli stessi che si criticano tanto Berlusconi che non vuole farsi processare? E poi, perché Sofri sì, e altri detenuti no? Forse perché Sofri è un filosofo? Perché ha amici importanti nella carta stampata e nel cinema e nella scrittura e persino negli ambienti politici?
Fatto sta che nel frattempo egli pubblica tranquillamente dei libri, scrive indisturbato sul secondo quotidiano nazionale per importanza La repubblica ed è elogiato persino in trasmissioni televisive in cui è ospitato, grazie a dei permessi del giudice, e viene elogiato (pensate un po' da chi?) da Fabio Fazio che in diretta televisiva gli esprime perfino solidarietà, facendo scoppiare l'ira dei parenti delle vittime del terrorismo, dimostrando di avere poco cervello, tatto e rispetto nei loro confronti e scarsa intelligenza quanto irresponsabilità verso il cittadino che non sa e che si trova a veder adulare un pregiudicato in televisione.
Trovo che il nostro sia un paese pieno di contraddizioni, trovo che il carcere non sia in certi casi un luogo riabilitativo, trovo che solo per alcuni reati vi si debbano aprire le porte  (ci sono reati e reati), ma credo anche che finché la legge dice che chi la infrange in modo grave, commettendo un omicidio premeditato e volotario, debba pagare in qualche modo, si rispetti la sentenza in modo corretto, oppure se propro si deve, si conduca una campagna stampa a favore di tutti i colpevoli di un determinato reato o di nessuno.
Continua...

Ps. Negli anni si appurò che il Commissario Luigi Calabresi e l'anarchico Pino Pinelli si conoscevano bene. Non erano amici ma si rispettavano a vicenda e in segno di reciprica stima si scambiavano persino alcuni libri.

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