mercoledì 1 dicembre 2010

C'era una volta il cinema

Il cinema, per come l'ho conosciuto io, non c'è più, si è estinto. E' stato spazzato via uccidendolo e lo si tiene ancora in vita artificialmente. Eppure, me lo ricordo come fosse ieri com'era e se mi è permesso, vale la pena tornare indietro di qualche anno.
Per me che sono nato e cresciuto a Milano, il cinema era tutto e ho avuto la fortuna di scoprirlo quando ero ancora molto piccolo. Era un ambiente che fin dal primo incontro mi ha affascinato, che mi ha accompagnato dall'infanzia fino all'adolescenza. Le sale principalmente, erano ubicate nel centro della città, lungo Corso Vittorio Emanuele, a due passi dal Duomo, e le pellicole che all'epoca uscivano, nonostante fossero meno numerose che oggi, erano di qualità superiore. Durante il periodo dell'infanzia erano i miei genitori a portarmici e tra i titoli c'era una vasta scelta che tiravo a sorte tramite dei bigliettini scritti e poi mischiati tra loro. Il primo film che vidi è stato "L'attimo fuggente", era il 27 dicembre 1989, avevo 8 anni e la sala era quella del cinema President, che oggi purtroppo come tante altre storiche della città, non esiste più. Era bello comunque passeggiare per le vie del centro, sostare e osservare le locandine davanti all'ingresso dei cinema. Mi sentivo a mio agio, una specie di habitat naturale. Era anche una cosa improvvisata andare al cinema, perché anche da adolescente, girando a piedi con gli amici per le strade del centro se vedevamo qualcosa di interessante agli ingressi ci si domandava spontaneamente: "ma perché non entriamo a vedere questo film?". Oggi la cosa è assai diversa, i cinema in centro non ci sono più, sono strati trasferiti e sparsi nelle periferie dell'hinterland, in cui le sale singole sono state sostituite da mastodontici costruzioni somiglianti a prefabbricati con attorno McDonald's e centri commerciali vari che prendono il nome di multisale, dove il cinema in sé non esiste, sono tante piccole stanze fredde ognuna delle quali trasmette un film diverso. Più che stare in un cinema sembra di essere proprio in un centro commerciale o alla borsa, e di fronte all'entrata sorgono parcheggi enormi e non palazzi e monumenti storici.
Il cinema per me rimane quello che era fino a non molto tempo fa, un teatro classico che proiettava una pellicola, dove non ci si alzava dalla poltrona fino alla fine dei titoli di coda, e se questa risultava essere apprezzata dalla maggior parte degli spettatori, scattava l'applauso finale. Ricordo che ogni volta che entravo era una magia, l'atmosfera cambiava, tutto ciò che accadeva al di fuori si accantonava per abbracciare un'altra dimensione. Fare la fila per i biglietti era piacevole, le hall erano belle e dotate di comode poltrone, finché con la mia mano accompagnavo il telone di velluto che scopriva la sala e ti trovavi tra gli spettatori che con calma prendevano posto. Appena entravo mi giravo e mi guardavo attorno, era bello vedere come fosse fatto il cinema, se aveva due o tre platee, il colore e la comodità delle poltrone, il sedersi e chiacchierare a bassa voce tra amici. Il tempo d'attesa era anch'esso piacevole, poteveva essere sfruttato in modo da socializzare con gli spettatori che nel frattempo sedevano al tuo fianco.
Con l'avvento delle multisale, oggi si possono prenotare i posti per telefono o per abbonamento come  succede nel calcio quando si va allo stadio per vedere le partite. Anche lì un tempo, se la domenica non si sapeva cosa fare, s'improvvisava se andare a S.Siro a gustarsi un incontro.
Le multisale all'interno somigliano a minuscole navicelle spaziali, e il pubblico che assiste agli spettacoli, soprattutto serali, è assai diverso da quello delle sale storiche del centro.
Quando da piccolo andavo accompagnato dai miei genitori, avevo il privilegio di essere uno tra i pochi se non l'unico bimbo tra le file degli spettatori, i quali erano perlopiù ragazzi sulla trentina o signori grandi. Oggi invece, complice il basso livello artistico culturale delle pellicole e il fatto che le sale siano ubicate in periferia, l'età anagrafica si è abbassata notevolemnte, facendo spazio a intere folle chiassose vestite alla moda che siedono in modo volgare assumendo atteggiamenti prepotenti.
Contava molto il fatto che i cinema fossero concentrati nel centro della città, era un modo per conservare all'interno di un contesto uno strumento di cultura quale il cinema stesso rappresenta.
Per stare al passo della concorrenza un paio di sale storiche si adeguarono ai tempi trasformandosi anch'esse in  multisale che però col tempo non sono riuscite a starle al passo e hanno dovuto per forza chiudere i battenti per sempre. Al loro posto ora sorgono spacci commerciali in vestiti, risultato di un' operazione mirata con un fine bene preciso: spodestare la cultura personale e sociale a favore del consumo puramente materiale e commerciale diretto alle masse. Da sottolineare inoltre che tenere aperte le sale storiche in centro era un modo per tenere viva la città, che era presenziata da numerosi cittadini fino a notte fonda, visto che agli inizi degli anni novanta si stava cominciando a trasmettere persino gli spettacoli dopo la mezzanotte. Ora invece le strade sono semi deserte la sera, e proprio per questo si ha paura ad uscire, preferendo restare incollati alla televisione ad asoltare storie che fanno aumentare in noi una sorta d'impocondria universale. Il cinema vero e puro, non si ha il coraggio di ammettere che è morto, e l'avvento delle multisale non fa altro che tenerlo in vita artificialmente, con una sorta di inutile accanimento terapeutico.
Una cosa simile a quest'operazione è accaduta alcuni anni prima che io nascessi e riguarda un'altro importante luogo che offriva cultura ed era raccolto nel centro cittadino: le sedi delle case editrici.
Leggendo recentemente, un articolo ad opera del giornalista Massimo Fini, ho compreso che un tempo, nella Milano che sfortunatamente non ho conosciuto, le case editrici più importanti, quali la Rizzoli, la Mondadori (per citare solo due esempi concreti) essendo ubicate in centro, erano meta di passaggio di numerose persone, le quali entravano, sfogliavano i libri e spesso s'intrattenevano a scambiare opinioni e chiacchiere con gli scrittori che anch'essi si trovavano lì. Era un modo bello e semplice, oltre che entusiasmante, per quanto riguarda la socialità tra gli essere umani, e il fatto di parlare e vedere in carne ed ossa l'autore di un libro era cosa consueta, senza considerare gli autori come le star della situazione come accade ai giorni nostri, invece che persone normali come tutti.
Ma anche questa bella cosa cambiò, perché quelle sedi sono state trasferite e sparpagliate nell'hnterland dove un libero cittadino non ha accesso, se non dietro abbonamenti. La Mondadori per esempio, si trova a Segrate, e con i mezzi pubblici risulta assai difficile raggiungerla in poco tempo.
La cultura quindi è stata frammentata e gettata fuori dal nucleo della città, che era raccolta a sé e disponibile a tutti e più facile da raggiungere, per far posto al trash delle grande firme dei tessuti d'abbigliamento.
Per chi non è vissuto a Milano o nelle grandi città è magari più difficile comprendere quanto sia stato doloroso vedere le storiche sale cinematografiche ammainare la bandiera e deporre le armi. Hanno resistito ai bombardamenti durante la seconda guerra mondiale ma non hanno retto al libero mercato globale che li ha sfrattati. E' come se mi fossi ritrovato orfano di un vecchio saggio che mi ha insegnato tanto e mi ha accompagnato  nella mia crescita di base. Ci si sente come il protagonista del film "Nuovo cinema Paradiso" che assiste immobile e impotente al crollo del cinema che lo aveva visto crescere per far posto a un autoparcheggio da costruire al suo posto.
Eppure in quel Corso c'era il cinema Apollo dove ho visto Trainspotting, c'era l'Excelsior dove i miei occhi hanno assorbito capolavori come "Balla coi lupi" e "La vita è bella", c'era il Corso, il più antico cinema della città che un tempo era anche il più grande d'Europa, l'Ariston, l'Astra, il Pasquirolo, l'Ambasciatori e tanti altri ancora. Le multisale non sono il cinema, e se ci andassi farei un torto alla cosa che più ho amato nella mia vita. Preferisco chiudere gli occhi e ricordarmi quelle insegne con su le locandine, le platee, il telone e le poltrone, il suono del proiettore che accompagnava l'audio.
Questo per me era e rimane il cinema, un amore appassionato rimasto un ricordo nei ricordi.
                                                







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